di Pietro Francesco Maria De Sarlo
“Sì, ma… Nel circo mediatico avanza tracotante una nuova figura, è quella del postillatore.”
Questo l’incipit dell’articolo di Aldo Grasso sul Corriere del 15 ottobre u.s. in cui se la prende con quelli, da Santoro alla Basile, che, a suo dire, con l’“artificio retorico” di un “accumulo di postille”, tipo “La Russia ha invaso l’Ucraina ma la Nato…” oppure “Siamo inorriditi di fronte alla barbarie di Hamas, però dobbiamo ricostruire storicamente il motivo per cui è nato Hamas”, si impedisce una discussione corretta.
E se lo dice Grasso sarà così. A me da povero ingegnere, con studi classici alle spalle, per contrappasso viene in mente un altro esercizio: l’apodittica. Alcuni esempi: “c’è un invaso e un invasore”, oppure “Hamas è una organizzazione terroristica”, “quelle dell’occidente sono democrazie” e via cantando.
L’apodittico, al contrario del postillatore, non ammette repliche. L’affermazione e le sue conseguenze si giustificano in sé. E così, una volta affermato che “c’è un invaso e un invasore”, si chiude la possibilità di ogni discussione, poiché l’affermazione e le sue conseguenze sono ‘palmari’ e quindi da un lato i buoni, gli intelligenti, quelli politically correct; dall’altro i paria del pensiero, che non possono far altro che essere putiniani, filo arabi ecc. Idem per Hamas, sono terroristi, punto! Se gli Usa, come riconosciuto di recente, con l’operazione Ajax sovvertono in Iran nel 1953 un governo democratico e insediano Mohammad Reza Pahlavi, si tratta di esportazione della democrazia e se un governo, purché occidentale, è democratico può permettersi tutto.
Intendiamoci, non voglio minimamente entrare nel merito di questioni più grandi delle mie capacità culturali, in specie per la questione tra Palestina e Israele, ma solo manifestare le mia insoddisfazione per il modo con cui tanti giornalisti affrontano le questioni – si tratti di Mes, di Draghi, di Ucraina, Palestina e altro. Il mainstream del pensiero corrente, che pretende di essere maggioritario e portatore di verità assolute, non ammette né ragionamento, né approfondimento, né discussione né il dubbio.
Quella di Hamas è una azione terroristica. Vero! E quindi? Cosa accade ora? Come può reagire l’occidente? Una volta stabilito l’assioma l’argomento è chiuso. Sarà che, al contrario di molti giornalisti, ho imparato sulla mia pelle la fatica del rigore di studi formali, ma non riesco a comprendere come senza analizzare fenomeni complessi si possano trovare soluzioni adeguate. Il mio immenso professore di storia e filosofia del liceo, Filippo Gentiloni, un gesuita che lasciò la tonaca per sposare una sua allieva nonché zio di Paolo Gentiloni, quando si parlava di guerra saltava a piè pari il capitolo delle battaglie, ma ci faceva approfondire all’infinito i paragrafi precedenti generalmente titolati ‘cause prossime e remote del conflitto’. Grazie professore.
Insomma, come si fa a ragionare dell’atto terroristico di Hamas senza contestualizzarlo in un processo storico e valutarlo come un atto singolo e slegato dal contesto? E se la reazione di Israele sarà spropositata e porterà a un massacro come avvenne a Sabra e Shatila come lo valuteremo? Lo metteremo in relazione al precedente atto terroristico del 7 ottobre o lo condanneremo come fatto isolato?
Insomma l’apodittica dei nostri eroi, Grasso, Parenzo eccetera, non consente altra spiegazione se non dire che un virus ignoto colpisce all’improvviso Putin che invade l’Ucraina, e un altro gruppo di cittadini palestinesi che diventano terroristi. Insomma la storia procede, secondo gli apodittici, per una sequenza di atti slegati l’uno dall’altro e che quindi si può spiegare solo con il virus della pazzia.
Un grazie pubblico ai postillatori perché mi aiutano con i loro dubbi, la loro necessità intellettuale di comprendere le complessità, a capire i drammi che viviamo. Quanto agli apodittici, che dire: Hamas terroristi? Putin invasore? Dobbiamo prendere il Mes? Viva Draghi? E quindi? Vabbè!