L’estenuante soap opera del divorzio tra Azione e Italia viva si avvicina alla puntata finale. E cioè alla scissione dei gruppi parlamentari, ultimi supersititi della federazione tra i due partiti, che si erano presentati insieme alle Politiche di settembre 2022 per poi dividersi dopo la rottura (lo scorso aprile) del patto tra Carlo Calenda e Matteo Renzi. Gli eletti di Iv non temono lo strappo, forti della campagna acquisti che gli consente di formare gruppi autonomi in entrambe le Camere: grazie al recente arrivo di Dafne Musolino da Sud chiama Nord, infatti, i renziani a palazzo Madama sono ormai diventati sette, uno in più dei sei necessari, mentre i quattro calendiani dovrebbero finire nel Misto (presieduto da Peppe De Cristofaro di Alleanza Verdi e Sinistra). Ad accelerare la crisi – già sfiorata in estate – è una lettera firmata da tutti i senatori italovivi e indirizzata al capogruppo Enrico Borghi (a sua volta un transfugo arrivato dal Pd), chiedendogli, di fatto, di mettere fine all’esperienza parlamentare del fu “Terzo polo”. Il casus belli è stato trovato in una frase – per la verità banale – pronunciata da Calenda sabato alla festa del Foglio: “È chiuso il rapporto non tra Renzi e Calenda, ma tra Azione e Italia viva. Azione non andrà alle Europee insieme a Italia viva“, ha detto l’ex ministro, formalizzando ciò che era già noto a tutti gli addetti ai lavori.

Gli eletti renziani però ne fanno una questione di principio: “Nella riunione di gruppo in cui abbiamo discusso della situazione politica – era il 23 maggio – abbiamo approvato all’unanimità un documento nel quale tutti i senatori del gruppo avevano invitato le forze politiche a collaborare per la creazione di una lista unitaria per le Elezioni europee del 2024. (…)”, scrivono a Borghi. “È vero che il senatore Calenda è noto per i suoi repentini cambi di opinione, ma il rispetto che gli dobbiamo porta a dover considerare le sue parole con la massima attenzione. Essendo terminata, dunque, ogni collaborazione tra Azione e Italia viva ti chiediamo di convocare il gruppo del Senato nel minor tempo possibile per prendere atto delle dichiarazioni del senatore Calenda e trarne le necessarie conseguenze politiche, statutarie e regolamentari”. Tradotto, formare un gruppo autonomo. Il redde rationem è fissato per giovedì alle 11, quando i senatori di Azione e Iv si riuniranno in assemblea.

Dal partito di Calenda però alza le barricate Mariastella Gelmini, vicecapogruppo a palazzo Madama, suggerendo che l’improvviso interesse dei renziani per la lista unica sia dettato soltanto dal timore di non entrare al Parlamento di Bruxelles. L’ex ministra berlusconiana ricorda che Renzi poco fa aveva lanciato in vista le Europee il brand “il Centro, “un’operazione che però si è già dissolta”. “Dopo aver detto qualsiasi cosa su Azione e su Carlo Calenda, Iv ha la singolare pretesa di presentare una lista unitaria alle prossime elezioni europee proprio con Azione. Una evidente dimostrazione del timore di non raggiungere il quorum (al 4%, ndr). Non accetteremo alcun diktat da Renzi o da Iv. Se hanno deciso di rompere i gruppi nei quali tutti siamo stati eletti con la lista Calenda, si assumano la responsabilità di fronte agli elettori del Terzo polo”, attacca Dalla sponda renziana controreplica un fedelissimo dell’ex premier, Francesco Bonifazi: “Se Calenda vuole andare da solo, vada da solo: nessuno può obbligarlo. E il 10 giugno vedremo i risultati delle elezioni. Nessuno romperà il gruppo al Senato. Proporremo di cambiare nome e di chiamare il gruppo Italia Viva – Il Centro – Renew Europe”.

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