La narrazione che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sta utilizzando paragonando Hamas all’Isis e insistendo sul fatto che Hamas sarà schiacciato proprio come lo è stato lo Stato islamico, gli è utile e funzionale per varie ragioni. Innanzitutto lo aiuta a raccogliere il sostegno internazionale, compreso quello politico e militare di altri paesi come il Regno Unito, la Germania e l’Italia.
Netanyahu ha anche usato la narrativa per creare una coalizione, dichiarando che “Hamas dovrebbe essere trattato esattamente come è stato trattato l’Isis” e che “Hamas è peggio dell’Isis. Proprio come l’intero mondo civilizzato si è unito per combattere l’Isis, il mondo deve unirsi per aiutarci a combattere Hamas”. Ancora di più sta tentando di isolare Hamas, e lo si evince dalla sua dichiarazione: “Hamas dovrebbe essere trattato esattamente come è stato trattato l’Isis. Dovrebbero essere sputati fuori dalla comunità delle nazioni. Nessun leader dovrebbe incontrarli, nessun paese dovrebbe ospitarli e quelli che lo fanno dovrebbero essere sanzionati”.
Questo approccio da parte di Israele sembra aver funzionato, visto che la paura dell’Isis è ancora presente in Occidente. Sembra che Israele abbia ricevuto il via libera per muoversi con forza contro Hamas a Gaza, ma a causa dei continui raid israeliani che portano un bagaglio pesante con le orribili immagini di vittime civili provenienti da Gaza potrebbe non avere il sostegno del mondo per molto tempo.
Sono numerose le ragioni che hanno spinto gli israeliani a intraprendere un’azione militare così forte. Il 7 ottobre non è stato uno shock militare e di intelligence per Israele, ma l’impatto è andato ben oltre. Bisogna infatti considerare che anche quando la situazione si sarà stabilizzata, è improbabile che i coloni vogliano tornare negli insediamenti intorno a Gaza. Hamas potrebbe aver creato una bolla di paura che potrebbe avere un impatto sulla popolazione e sulla sua distribuzione nei territori. Per cercare di evitare che questo si verifichi gli israeliani hanno bisogno di ripristinare il senso di sicurezza realizzando un cambiamento reale sia a livello demografico che geografico in queste aree.
I continui raid israeliani sono progettati per creare un’atmosfera che spinge le persone fuori dal nord di Gaza, distruggendo anche le infrastrutture che potrebbero essere utilizzate da Hamas. Questo è il motivo per cui Israele non ha fretta di iniziare le operazioni di terra (che ora paiono non certe, ndr), perché più passa il tempo, più la crisi si approfondisce, e una crisi umanitaria spingerà le persone fuori dall’area sotto attacco. Aumenterà anche la pressione sull’Egitto affinché apra le sue frontiere per risolvere parte di questa crisi umanitaria.
Mentre la campagna militare israeliana progredisce, non c’è alcun risultato reale sul terreno. L’intelligence israeliana potrebbe concentrarsi su una campagna di omicidi di leader di Hamas e di qualsiasi resistenza. Forse non solo a Gaza, ma anche in Libano, Siria e nello stesso Iran. Questo potrebbe portare a nuovi fronti militari, ma potrebbe anche essere l’unico modo per gli israeliani di ripristinare la fiducia nel loro sistema di intelligence da parte dei loro cittadini.
I rischi di un’operazione militare israeliana a lungo termine non solo creeranno una catastrofe umana, ma manterranno anche la regione sull’orlo di una crisi. Una vera vittoria israeliana non può essere ottenuta solo a Gaza, quindi Israele potrebbe essere costretto ad allargare il confronto. Lo stiamo vedendo con gli attacchi dell’aviazione israeliana agli aeroporti di Damasco e Aleppo. Il sostegno militare degli Stati Uniti a Israele potrebbe risultare funzionale a questa situazione infatti potrebbe rafforzare il loro desiderio israeliano di allargare il campo di battaglia e di fare uso di questo eccezionale supporto illimitato per raggiungere i massimi obiettivi che Israele ha sempre voluto.