Botta e risposta a Tagadà (La7) tra Lorenzo Kamel, professore di Storia Contemporanea all’Università di Torino e firma del quotidiano israeliano Haaretz, e il direttore del Foglio Claudio Cerasa sul conflitto israelo-palestinese.
Lo storico esordisce ricordando che, secondo i dati ufficiali dell’Onu, tra il primo gennaio del 2008 e il 3 ottobre 2023, sono stati uccisi 6.407 palestinesi e 308 israeliani, tutti civili.
Ma insorge immediatamente Cerasa: “Quanti missili ha lanciato Hamas contro Israele, poi sventati grazie all’Iron Dome (lo scudo antimissilistico di Israele, ndr)? Quanti sarebbero stati i morti?”.
“L’Onu non conteggia le vittime tra soldati e terroristi”, risponde Kamel che continua la sua spiegazione della situazione precedente alla mattanza perpetrata da Hamas lo scorso 7 ottobre.
“In un fazzoletto di anni – sottolinea il docente – quasi 7mila civili sono state uccisi, e tra le vittime ci sono anche bambini arsi vivi all’interno delle loro case a causa del lancio di bombe molotov. Parliamo dell’unico posto al mondo in cui da oltre mezzo secolo la popolazione civile è soggetta a tribunali militari. Stando a dati ufficiali israeliani, il tasso di condanna per un palestinese che si trova davanti a questi tribunali militari è pari al 99,74%. La Cisgiordania è anche l’unico luogo del mondo in cui ci sono tribunali militari giovanili, per ragazzi tra i 13 e i 15 anni“.
Kamel aggiunge: “I registri demografici della Striscia di Gaza sono totalmente controllate da Israele. Se tu nasci o ti sposi e se non sei registrato nei registri demografici di Israele, è come se non fossi mai nato o non ti fossi mai sposato. Nella Striscia di Gaza si usa lo shekel, che è la moneta israeliana. Quindi, Israele controlla tutto: l’aria, i registri demografici, l’acqua, lo spazio davanti, l’elettricità. E allora – osserva – perché per anni abbiamo parlato di Israele come di un’entità che sta fuori? Ora stiamo vedendo che milioni di civili palestinesi vengono spinti verso il Sud della Striscia di Gaza, togliendo l’acqua a Nord della Striscia, che era l’area più densamente popolata del mondo”.
Lo studioso paventa il rischio di una pulizia etnica a opera di Israele, come peraltro è stato denunciato da molti parlamentari della Ue e da personalità israeliane tra le quali spicca Yehuda Shaul, ex comandante dell’Idf e co-direttore di Breaking the Silence, un’organizzazione di ex soldati israeliani che, sulla base delle proprie esperienze nei territori palestinesi, mira a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle terribili conseguenze di una prolungata occupazione militare.
Cerasa però sbotta: “Mi scusi: pulizia etnica?”
“Sì, potrebbe accadere”, risponde lo storico.
Il direttore del Foglio rilancia: “Ma lei pensa davvero che Israele voglia uccidere i palestinesi in quanto palestinesi? Non pensa che la pulizia etnica sia quella che vogliono fare gli islamisti che vogliono uccidere gli ebrei in quanto ebrei perché negano completamente il loro diritto a esistere?”.
Kamel spiega: “La de-umanizzazione è un problema strutturale. C’è qualcuno che la vede solo da una parte, io invece l’ho vista coi miei occhi per tanti anni da entrambe le parti. Forse lei non ha prestato attenzione al fatto che questo è già avvenuto nel 1948. Al confine col Libano c’è il kibbutz di Sasa, che prima era un villaggio palestinese chiamato Sa’sa’: fu completamente spopolato durante la guerra arabo-israeliana del 1948 – conclude – Ci sono anche altre centinaia di villaggi palestinesi che sono stati spopolati, rasi al suolo e rinominati. E i palestinesi con la forza sono stati portati nella Striscia di Gaza. Quindi, se non si è vista questa pulizia etnica e questa violenza strutturale, è perché non si conosce la storia“.