Scontro incandescente a Dimartedì (La7) tra Alessandro Di Battista e il deputato di Forza Italia Giorgio Mulè sul bombardamento israeliano dell’ospedale di Gaza.
L’ex parlamentare del M5s torna sul refrain sventolato dal dibattito pubblico italiano sul ‘sacrosanto diritto di Israele a difendersi’: “Cosa c’entra con la legittima difesa bombardare un ospedale, colpire un convoglio di profughi costretti al tremendo ordine israeliano di lasciare il nord della striscia di Gaza – continua – bombardare le strutture dell’Onu, intimare a più di un milione di disgraziati, poveri in maniera sconvolgente, malati, bambini, anziani di andare verso il Sud di Gaza nel giro di 24 ore? Cosa c’entra tutto questo con la legittima difesa? Dov’è finito il mondo?”.
E aggiunge: “A me scandalizza la pavidità della maggior parte dei politici italiani che, pur di non schierarsi contro i crimini commessi da Israele, tacciono e preferiscono sventolare la bandiera di Israele sui palazzi istituzionali. E lo fanno solo per pavidità”.
“Io non mi sento affatto pavido – ribatte Mulè – nello sventolare una bandiera di democrazia e di libertà quale è quella di Israele. Non ho le certezze di Di Battista, perché l’esercito israeliano ha dichiarato che quel razzo che ha colpito l’ospedale di Gaza è partito da Hamas. So soltanto che Hamas fonda la sua ragione sul potere dei morti sui vivi. Israele deve reagire e gestire questa rabbia con moderazione e con saggezza”.
“Lo vedo”, commenta Di Battista.
Mulè continua: “In ogni caso, è sicuro che Israele ha il diritto di reagire”.
Di Battista ribadisce: “Io non capisco perché non abbiate il fegato di condannare questi eccidi israeliani, come io ho fatto immediatamente per l’attentato terroristico di Hamas. Per quale motivo in 17 anni non avete speso una sola parola contro l’occupazione militare – continua – e contro un carcere a cielo aperto, che è un lager subito dalla popolazione più dimenticata del pianeta? I palestinesi sono gli ultimi tra gli ultimi, i dannati della Terra per dirla alla Frantz Fanon, persone dimenticate anche dalle istituzioni europee”.
Di Battista raffronta poi la caratura dei politici italiani del passato con quella delle figure attuali: “Ricordo Aldo Moro ai tempi della guerra dello Yom Kippur in Israele, Giulio Andreotti quando scoppiò la Prima Intifada ed Enrico Berlinguer, che era amico di Arafat e gli telefonava durante la strage di Sabra e Shatila. E Arafat, quando l’Olp era considerata un’organizzazione terroristica, andò a Botteghe Oscure – prosegue – a rendere omaggio al feretro di Enrico Berlinguer nel 1984. Questa era l’Italia e oggi c’è un appiattimento intollerabile nei confronti di Israele, che ha sicuramente una stampa più libera di quella italiana ma che si permette di fare eccidi di disgraziati nel silenzio e nell’impunità generale. Vi dovreste vergognare“.
“Qui c’è una specie di monologo teatrale – replica Mulè – Tu dovresti avere le palle di chiedere scusa agli israeliani, a quei bambini, a quelle donne che sono stati trucidati in una maniera in cui neanche i nazisti facevano 60 anni fa (80, ndr). E dovresti soltanto vergognarti per parlare così della morte e delle tragedie”.
“Tu non sei un politico”, commenta Di Battista.
“Io sono una persona, sono un uomo”, ribatte Mulè.
“No, tu sei un servo e basta”, chiosa Di Battista.