Il governo sta alzando il sipario sulla legge di bilancio per il 2024 da mandare alla Commissione europea. Leggendo le prime anticipazioni mi è venuto in mente il personaggio di un fumetto che da bambino mi piaceva un sacco, il celebre mago Mandrake con il suo fedele Lotar. Questo mago con i suoi super poteri di illusionismo era in grado di sbrogliare difficilissime situazioni.
Mi è venuto quasi spontaneo associare Mandrake al ministro Giorgetti e il suo fido Lotar, ma anche se non così tanto fedele, a Salvini. Anche Giorgetti si sta comportando come un mago illusionista in materia di conti pubblici e non solo. La sua bacchetta magica è il populismo economico di cui la sua proposta di bilancio trasuda in maniera spettacolare e intollerabile. Un populismo nel senso più negativo del termine perché in maniera del tutto illusionistica nasconde i problemi e li aggrava, spostandoli semplicemente in avanti. La nuova legge di bilancio contiene tutti e tre i classici ingredienti del populismo economico: un abbondante deficit, politiche redistributive che creano l’illusione di una ricchezza che non c’è, un orizzonte temporale brevissimo, nel gergo degli economisti chiamato difetto di shorterismo. Vediamo in dettaglio.
La manovra è sostenuta da un corposo disavanzo, chiesto alle Camere, di circa 16 miliardi. La richiesta di un finanziamento in disavanzo è una cosa che tutti i governi fanno da almeno dieci anni, e su questo nessuna sorpresa. Stavolta però il caso è abbastanza diverso perché programmaticamente si supera abbondantemente quel limite del 3% previsto dagli accordi internazionali. Diciamo che, classicamente, l’Italia se ne frega dei vincoli sottoscritti con le conseguenze, anche imprevedibili sui mercati internazionali, del caso.
C’è poi un altro problema, anche più serio: il contesto economico è completamente cambiato a causa dell’inflazione. Un conto è fare debito con tasso di interesse dello 0,25% com’era ancora ad inizio 2022, un conto è quando il tasso è salito al 4,5%, come ora. Non a caso la Nadef appena approvata prevede che nel 2026 il debito pubblico sfonderà la cifra pazzesca di 3.000 miliardi di disavanzo. La Meloni ha ereditato un debito pubblico di circa 2.700 miliardi. Un aumento del 10% in quattro anni è uno dei record molto negativi di questo governo. Nella pratica non sembra esserci traccia di quella prudenza finanziaria sempre dichiarata sulla stampa oppure in televisione. Questo scollamento tra narrazione e realtà è totale e molto preoccupante per i conti pubblici.
Il debito è un’illusione perché si spende una ricchezza che non c’è. Il populismo meloniano utilizzerà il debito per tagliare una tantum le tasse, in particolare l’Irpef e contributi sociali dei lavoratori. Proposito certamente condivisibile in teoria, ma con delle controindicazioni pratiche soprattutto per quanto riguarda la riduzione dei contributi sociali.
La via per battere il carovita non è quella di un nuovo assistenzialismo pubblico, ma piuttosto quella di contribuire attivamente al raffreddamento dei prezzi, riducendo per esempio le tasse sulla benzina. Così facendo, poi, non rimane nulla per la famosa politica industriale, cioè l’insieme degli interventi pubblici per modernizzare il paese. La strategia industriale 5.0 e oltre può aspettare perché la classe politica usa il debito sostanzialmente per pagare le cambiali elettorali delle scorse elezioni. Cambiali pesanti che creano ulteriore debito in una spirale perversa e difficilmente controllabile.
Ogni illusione, come è noto, dura poco. E anche la finanziaria di Giorgetti-Mandrake non sfugge a questa regola. Sapendo di fare qualcosa di poco sicuro, economicamente molto poco prudente e quasi indecente, anche quest’anno avremo una finanziaria fluida. Sia la riduzione dell’Irpef che quella dei contributi sociali sono interventi limitati al 2024, poi si vedrà cosa fare. Anche se il futuro non appare per nulla roseo dato che ci muoviamo tra una crescita economica fiacca e tassi di interesse molto elevati. Cose ben note ma che i sovranisti scoprono solo oggi a mo’ di indecente e non richiesta giustificazione.
Spettacolare è questo sconto Irpef che vale solo per un anno. L’accorpamento dell’Irpef che farà pagare ai contribuenti italiani 4,2 miliardi di imposta in meno è previsto solo per il 2024. Nessuno aveva mai avuto una creatività finanziaria così perversa, nemmeno il mitico ministro Tremonti. Ma questo vantaggio non andrà a tutti e il governo ha scoperto che i veri ricchi in Italia sono coloro che hanno un reddito lordo che supera i 50.000 euro, con buona pace di tutti coloro che, soprattutto a destra, si stracciavano le vesti quando il governo Conte riduceva gli sconti fiscali a partire dai 120.000 euro.
Se, per usare l’espressione del presidente di Confindustria, la legge di bilancio per l’anno in corso mancava di una visione, quella di quest’anno è improntata su di una prospettiva molto chiara, quella del populismo economico da bottega post-elettorale 2022, ma anche pre-elettorale viste le europee del 2024. Il debito pubblico vola, la gente riceve il suo bonus annuale, anche se non tutti e i soliti pensionati pagano dazio, il Presidente del Consiglio va in televisione dicendo che ha fatto una manovra seria e credibile e intanto un altro anno passa. Vedremo cosa diranno i censori europei su questo nuovo debito per ridurre per un anno le tasse presenti, ed aumentare di molto quelle future.
Nei fumetti della mia infanzia le avventure del mago Mandrake finivano sempre nel migliore dei modi, non so se quelle finanziarie di Giorgetti avranno lo stesso lieto fine. Ne dubito, anche perché il populismo nostrano è fiscalmente drogato; per rimanere a galla nei sondaggi la riduzione delle tasse bisogna prometterla e farla, poco o tanto, ogni anno, costi quel che costi.