Mafie

Messina Denaro aveva il Covid al momento dell’arresto. Il capo del Ros: “Latitanze ultra decennali possibili solo grazie a collusioni”

Matteo Messina Denaro aveva il Covid al momento dell’arresto. Lo ha raccontato Pasquale Angelosanto, comandante del Ros dei carabinieri, che è intervenuto durante la conferenza Sicurezza e Salute in corso nell’Aula Magna Agazio Menniti del San Camillo Forlanini, a Roma. “Il boss era risultato negativo al Covid al tampone fatto in ospedale ma positivo a quello fatto prima di entrare in carcere”, ha detto Angelosanto, tornando al 16 gennaio scorso, quando si concluse la latitanza quasi trentennale del boss di Castelvetrano. In carcere Messina Denaro ha passato solo alcuni mesi: il tumore al colon di cui si era ammalato lo ha ucciso nel settembre scorso.

“Come hanno fatto Bernardo Provenzano e Matteo Messina Denaro a fare più di 20 anni di latitanza? Con la collusione e anche noi come carabinieri abbiamo bisogno di anticorpi“, ha spiegato il numero uno del Ros dei carabinieri. Al centro del dibattito al San Camillo la stretta correlazione tra le informazioni messe a disposizione dal sistema informatico sanitario nazionale e le indagini che hanno portato alla cattura del boss delle Stragi. “La sanità – aggiunto Angelosanto – è uno dei problemi di questo complesso fenomeno dei rapporti tra le Mafie e la pubblica amministrazione“. A questo proposito il numero uno del Ros ha poi ricordato l’episodio di Michele Aiello, prestanome di Provenzano che gestiva “un plesso di strutture sanitarie ed è stato condannato in via definitiva a 15 anni di carcere. Lui otteneva informazioni da un maresciallo dei carabinieri in servizio al Ros corrotto con soldi e per assunzioni di parenti . Inoltre, tra le persone assunte da questa clinica, c’erano anche due fratelli dell’amante di Matteo Messina Denaro”. Il riferimento è per Giorgio Riolo, ex militare condannato a 7 anni, 5 mesi e 10 giorni nello stesso processo in cui l’ex governatore della Sicilia, Totò Cuffaro, fu condannato per favoreggiamento alla mafia. La clinica di Aiello, invece, era la Santa Teresa di Bagheria, dove lavoravano i parenti di Maria Mesi, che in passato fu legata sentimentalmente a Messina Denaro.

Angelosanto ha ripercorso i passaggi che hanno portato i carabinieri a catturare l’ultimo boss delle stragi rimasto in libertà. Fondamentali sono stati gli appunti sulle condizioni di salute di un presunto Mister X trovate a casa della sorella del boss, Rosalia, durante un’operazione per posizionare le microspie. Appunti che erano all’interno della gamba cava di una sedia. “Un diario clinico – ha ricordato il comandante del Ros – con le date dei ricoveri e le operazioni, il dimagrimento, i cicli di chemioterapia“. Ipotizzando che a essersi ammalato potesse essere Messina Denaro i carabinieri si sono quindi rivolti al ministero della Salute. Incrociando le informazioni cliniche hanno trovato che un solo codice paziente aveva tutte le caratteristiche richieste. “Si chiamava Andrea Bonafede e aveva la stessa età, più o meno, di Messina Denaro”, ha ricordato Angelosanto, riferendosi al geometra di Campobello di Mazara che aveva ceduto la sua identità al capomafia. “Quando però Andrea Bonafede era sotto i ferri per il Servizio sanitario nazionale, per noi, viste anche le immagini delle telecamere, era in giro in autovettura o al cellulare”, ha continuato Angelosanto. A quel punto gli investigatori si sono focalizzati sulle terapie in corso alla clinica La Maddalena di Palermo: il presunto Bonafede si sarebbe sottoposto a un nuovo ciclo lunedì 16 gennaio del 2023. A quel punto è scattato il blitz.