Ho presieduto, per dodici anni, due comitati della Ciesm (la Commissione per il Mediterraneo) e ho promosso, assieme al suo direttore generale e ad altri colleghi presidenti, la diplomazia scientifica per intensificare i rapporti tra gli stati mediterranei. Siamo andati in missione in Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Israele, Cipro e Turchia. Mi colpirono le donne: forti, determinate, decise a giocare un ruolo per la rinascita dei loro paesi.
La prima volta in un paese arabo mi sorpresi quando, passeggiando da solo in una casba, di notte, vidi i numeri sulle porte delle case: almeno i numeri sono i nostri, pensai. Gia, i nostri… Mi prendevano in giro, i miei colleghi, per la mia passione per le cose arabe, dai tappeti all’artigianato. Una cultura a cui dobbiamo molto, senza mai riconoscerlo pienamente.
Una lunga premessa per cercare di dimostrare che ho esperienza diretta di quel che succede nell’Africa e nell’Asia mediterranea, attraverso contatti con le università e anche incontri con diversi ministri. Questa politica ebbe un successo temporaneo: ricercatori arabi e israeliani pubblicarono assieme e assieme parteciparono a progetti. La primavera araba riaccese le speranze, ma presto si schiantarono contro una barriera quasi insormontabile: la religione. Una collega araba mi disse di essere stata minacciata dai salafiti: non pubblicare più con gli israeliani. Queste minacce possono risolversi in condanne a morte.
Quando prevalgono i fondamentalisti musulmani, le donne perdono i diritti e sono trattate come esseri inferiori. Gli omosessuali sono impiccati. Bande di fanatici dettano legge e chi si oppone rischia la vita. I fanatici religiosi, purtroppo, vincono anche le elezioni, come i Fratelli musulmani in Egitto. Per evitare la loro dittatura se ne instaura un’altra non molto differente. Lo stesso in Algeria. Non parliamo della Libia. Ogni paese ha la sua storia, ma la fede spesso la pervade. Il Corano, come la Bibbia e molti altri libri più o meno sacri per i fedeli, possono essere letti in molti modi e la storia insegna che è stata uccisa più gente in loro nome che per qualsiasi altro motivo.
Abbiamo anche noi la nostra dose di fanatici religiosi che baciano rosari, ma non al punto di compiere atti terroristici in attesa di una ricompensa divina a fronte di morte certa. Forse perché non siamo abbastanza disperati, ma in passato lo hanno fatto anche i cristiani.
Penso al popolo palestinese costretto a un esodo da parte di chi, come progetto, ha di radere al suolo le loro case e i loro ospedali, scuole, strade. Non ce la prendiamo con i civili: basta che se ne vadano e ci lascino distruggere tutte le loro cose, assieme ai terroristi, poi vedremo.
Intanto i morti a Gaza sono centinaia. In gran parte civili, compresi donne e bambini. Questi comportamenti generano odio e favoriscono il reclutamento di sempre più terroristi.
Facendo un ragionamento di mera convenienza: non ci conviene fomentare l’odio e il terrorismo, con l’intenzione di promuovere “missioni di pace” e eradicare il terrorismo. Ma forse si pensa alla “soluzione finale”… vorrei capire. A me pare che entrambe le parti se la pongano come obiettivo.
Mi viene istintivo schierarmi con i più deboli e non ho dubbi che siano gli arabi, se guardo alla potenza di chi con loro si confronta. Poi ripenso ai salafiti, ai Fratelli musulmani, alla polizia morale che uccide ragazze per una ciocca di capelli che spunta da un velo. Ovviamente penso ad Hamas. Se vincessero loro, e riuscissero a liberarsi dall’oppressione colonialista occidentale (lo so che semplifico, perdonatemi) che tipo di società proporrebbero? Lo stiamo vedendo in Afghanistan, in Libia, in Iran, con declinazioni che convergono su situazioni che non mi piacciono.
Siamo inorriditi dai femminicidi nostrani, deviazioni patologiche da parte di maschi dementi che usano la forza fisica per lenire il loro senso di inferiorità nei confronti di femmine che hanno capito la loro (dei maschi) miseria emotiva. Ci sono paesi dove il rapporto maschio-fammina si basa sul femminicidio: o fai come ti dico io, o ti uccido. Il libro me lo ordina.
Non mi piace il colonialismo, come non mi piace il fondamentalismo maschilista che opprime le donne, e non so cosa augurarmi. Anche da noi si affermano radicalizzazioni di opposta convinzione di torti e ragioni che stanno tutte da una parte. Temo che abbiano tutti torto.
La già citata tendenza a schierami con i più deboli mi porta a “stare” con le donne musulmane. Certi uomini musulmani promuovono visioni del mondo malate che impongono con la forza ad altri uomini, tutti concordi, però, nel sottomettere le donne. Altra tragedia: le donne che riescono ad arrivare al potere, anche da noi, si comportano come gli uomini nel promuovere le violenze tra stati. Non riusciamo ad evolvere oltre e la nostra potenza tecnologica, malata di insani complessi di superiorità basati su credenze religiose, sta alterando i nostri rapporti con la natura e tra noi stessi. Francesco, un uomo a capo di una fede, è un’isolata eccezione di semplice buon senso.
I tempi sono molto interessanti, stiamo vivendo un momento cruciale in cui la nostra specie ha di fronte scelte che ne determineranno la prosperità o la rovina. Voi su quale opzione scommettereste? Cosa dobbiamo augurarci per l’opzione “prosperità”? Mi viene in mente Imagine: imagine no religion (anche se Francesco mi piace moltissimo). E subito dopo penso a che fine ha fatto chi lo ha auspicato. Come diceva il signor Mike: Allegria!!!!!