Approvare la legge di Bilancio, varata lo scorso lunedì, “senza emendamenti da parte della maggioranza”. Questo l’auspicio, o meglio, il diktat lanciato in conferenza stampa dal vicepremier Matteo Salvini e dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Cosa significa? Che i parlamentari di maggioranza non potranno minimamente incidere sulla legge più importante che ogni anno il governo vara. Senatori e deputati dovranno solo votarla, per una rapida approvazione – sospetta qualcuno ‘off-record’ e dietro garanzia di anonimato – per arrivare alla festa di Atreju con la presidente del Consiglio che potrà esibire la manovra già votata ed approvata dalle Camere. E forse, non dare possibilità di modifiche ai parlamentari servirà anche ad evitare quanto accaduto lo scorso anno, durante l’approvazione della precedente manovra, con una serie impressionante di errori corretti solo nel rush finale dell’approvazione finale.
Una richiesta – quella del governo alla propria maggioranza – “accettabile” secondo il ministro per i rapporti con il Parlamento Luca Ciriani. I parlamentari di Fdi, Lega e Forza Italia rispetteranno l’indicazione? “Mi atterrò a quelli che sono i dettami della coalizione” chiarisce il senatore azzurro Claudio Lotito, tra i maggiori indiziati nel Palazzo, in quanto instancabile produttore di proposte emendative. Ma ci sarà un do ut des? Pare proprio di sì. In cambio di zero proposte di modifiche, i parlamentari di maggioranza potranno scaricare la loro frustrazione di pigia-bottoni in una legge successiva all’approvazione della legge di Bilancio. Una ‘legge mancia’ dove, attraverso un apposito fondo, i parlamentari potranno presentare progetti piccoli e piccolissimi. Uno strumento che riemerge da un passato recente, quello di Tremonti ministro dell’Economia dei governi Berlusconi. Rifinanziata nel 2011 anche con Berlusconi ormai in fuorigioco (vedi 18.17 – Ddl stabilità rifinanzia “legge mancia”) in favore di Mario Monti.