Cadono alcune contestazioni per Silvana Saguto. Per questo motivo servirà un nuovo processo d’Appello per rideterminare la pena al ribasso. È quello che ha deciso la Corte di Cassazione sull’ex presidente della Sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, già radiata dall’ordine giudiziario. I supremi giudici della sesta sezione penale, presieduta da Giorgio Fidelbo, hanno infatti dichiarato irrevocabile la sentenza di Appello in alcuni punti, riqualificato altri capi di imputazione, dichiarato prescritte altre accuse e pronunciato assoluzione per alcune imputazioni contestate agli imputati.
La pena per Saguto, dunque, dovrà rideterminata al ribasso con un processo di appello bis davanti ai giudici di Caltanissetta. Nel processo di secondo grado l’ex magistrata era stata condannata a 8 anni e 10 mesi per corruzione, concussione e peculato, con un lieve aumeto rispetto agli 8 anni e mezzo del primo grado, quando era già caduta l’accusa di associazione a delinquere.
I giudici – stando al complesso dispositivo – hanno annullato la sentenza di appello relativamente al falso contestato in sei capi di imputazione, hanno escluso l’associazione a delinquere rispetto al peculato per cinque capi di imputazione che è stato riqualificato in truffa aggravata, mentre la concussione è stata riqualificata in induzione indebita. Sono state poi dichiarate alcune prescrizioni e la giudice ha incassato per alcune contestazioni l’assoluzione con due formule: perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto. Annullata anche la parte della sentenza d’appello relativa alla confisca nei confronti dell’avvocato Gaetano Seminara e anche questo sarà valutato nell’appello bis.
Alla luce del verdetto, dunque, l’ex magistrata non rischia per ora il carcere. Il processo nasce da una indagine sulla cattiva gestione, da parte della sezione del tribunale diretta da Saguto, dei beni confiscati e sequestrati alla mafia. Secondo l’accusa, in cambio di regali e favori, per sé e familiari, la magistrata ha assegnato ai soli professionisti del suo cerchio magico amministrazioni giudiziarie milionarie di beni sottratti ai clan. La Cassazione, con un dispositivo molto complesso, ha annullato senza rinvio le condanne inflitte alla Saguto per i reati di peculato, riqualificato in truffa aggravata, e per la tentata concussione, riqualificata in induzione indebita e falso.
A processo c’erano altre 11 persone: il marito della giudice Lorenzo Caramma, che in secondo grado è stato condannato a 6 anni. Tra gli amministratori giudiziari favoriti dalla magistrata c’è l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, condannato in Appello 7 anni e 7 mesi, Roberto Santangelo, che ebbe a 4 anni e 2 mesi. A pene minori di 3 anni, quindi sospese, furono condannati gli altri imputati: il figlio di Silvana Saguto, Emanuele Caramma (3 mesi), l’ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo (3 anni), il professore della Kore di Enna ed ex amministratore giudiziario Carmelo Provenzano (3 anni), l’amministratore giudiziario Walter Virga (un anno e 4 mesi); Rosolino Nasca, colonnello della Finanza (2 anni e 8 mesi), il preside della facoltà di Giurisprudenza della Kore Roberto Di Maria (un anno e 10 mesi), e la moglie e la cognata di Provenzano Maria Ingrao e Calogera Manta (2 anni e 8 mesi).
L’annullamento rende per quasi tutti gli imputati necessario un nuovo processo d’appello per il ricalcolo della pena. Reggono, invece, alcuni episodi di corruzione come quello che vedeva Saguto imputata in concorso con Cappellano Seminara e Provenzano. “Secondo il mio stile professionale non commento la sentenza della Cassazione, come non ho commentato quelle degli altri due gradi di giudizio”, ha detto l’avvocato Ninni Reina, legale della Saguto. Assolto in via definitiva, invece, Roberto di Maria. “Auspichiamo che questa sentenza, con la quale cade definitivamente anche l’ultima accusa di peculato, ritenuto dalla Corte di cassazione del tutto inconfigurabile, possa riportare finalmente serenità dopo anni di indicibile sofferenza” dicono i suoi avvocati Vittorio Manes e Renata Accardi.
Nelle oltre 1200 pagine di motivazione, i giudici di appello avevano sottolineato l”’uso distorto” del potere della ex toga, “spinta da uno spasmodico desiderio di assicurare un tenore di vita elevato a lei e alla sua famiglia”. Siamo in presenza di più patti in cui si inseriscono le varie nomine e provvedimenti adottati da Silvana Saguto. Le indagini hanno fotografato come Saguto abbia piegato la sua funzione. C’era un rapporto collaudato di do ut des, un asservimento della funzione pubblica verso un privato”, ha detto il sostituto procuratore generale della Cassazione Simone Perelli, che ha chiesto la conferma della condanna per l’ex magistrata relativamente al reato corruzione. Il sostituto pg ha invece sollecitato l’assoluzione “perché il fatto non sussiste” per i tre capi d’imputazione relativi a una presunta rivelazione del segreto d’ufficio.