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Un giorno di vita a Gaza in guerra, il racconto dell’interprete di Msf: “Ci manca tutto e dormiamo con la paura delle bombe”

A GAZA NESSUN LUOGO È SICURO
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Israa Ali è interprete di Medici senza frontiere (MSF), vive a Jabalia, a nord di Gaza. È sfollata da giorni insieme ai suoi figli a causa dei bombardamenti e ci ha raccontato la sua esperienza.

“Non trovo le parole per descrivere un giorno ordinario della gente di Gaza oggi. La mattina inizia che noi siamo già svegli, dopo una notte passata a rigirarci nel letto cercando inutilmente di dormire, sotto il rumore dei bombardamenti. La notte stiamo svegli ad ascoltare le notizie alla radio. In quest’epoca moderna dovremmo avere elettricità e accesso a Internet, invece i telefoni sono morti.

Andiamo a vedere se è rimasto un po’ di carburante per accendere il generatore, poi ci rendiamo conto che anche il generatore è morto. A quel punto ci ricordiamo che viviamo a Gaza e siamo sotto assedio.

Il mugugno di mio figlio pian piano si trasforma in parole comprensibili: “Mamma, ho fame, voglio la colazione”. Mentre preparo la colazione con il minimo indispensabile mi rimprovero di aver voluto dei figli, di averli messi al mondo in condizioni così terribili, con tutte queste guerre e soprattutto con questa, maledetta, guerra.

Quando hai figli fai di tutto per proteggerli e dar loro tutto. Sono il tuo primo pensiero, ma quando senti così tanti scoppi intorno, anche il pensiero delle bombe diventa costante. È un momento in cui devi dimostrare di essere un genitore forte, mantenere la calma per i figli. Ma la verità è che sei tu ad aver bisogno di qualcuno che ti calmi.

Il tramonto fa paura. Col buio i droni israeliani, gli aerei e le navi da guerra, i razzi pesanti e le bombe si moltiplicano. Dopo essermi sforzata di calmarmi e di calmare i figli, che si sono svegliati piangendo centinaia di volte, vado da mio padre, da mia madre e dal resto della famiglia per rassicurarlo. Dormono lontano: hanno trovato un riparo da un’altra parte, ma sono nelle stesse nostre condizioni.

Cerco di pensare positivo, che le bombe sono mirate e loro sono lontani dagli obiettivi. Non serve a niente: resto preoccupata per tutto il tragitto, finché non arrivo lì e sento le loro voci”.

traduzione di Riccardo Antoniucci