Putin e Hamas non devono vincere”. Dallo Studio Ovale della Casa Bianca, Joe Biden ha chiesto all’America di restare “un faro per il mondo” e descritto le crisi in Ucraina e Israele come un’unica, distruttiva minaccia per l’America e il mondo. Se terroristi e dittatori non verranno fermati, ha detto Biden, “i costi per l’America continueranno a crescere”. La richiesta che il presidente fa al Congresso è uno stanziamento da 100 miliardi di dollari. Nel pacchetto è prevista l’assistenza militare a Gerusalemme e Kiev, ma anche quella a favore di Taiwan, oltre che fondi per il rafforzamento della sicurezza al confine meridionale con il Messico e per alleviare il disastro umanitario a Gaza. L’approvazione della misura appare comunque particolarmente complicata.

Nei quasi quattro anni della sua presidenza, Biden aveva parlato una sola volta all’America dallo Studio Ovale in prime time televisivo. Lo ha fatto di nuovo ieri, a dimostrazione dell’urgenza della crisi internazionale e dell’importanza che il presidente dà al ruolo americano nei due conflitti, in Ucraina e Israele, che stanno mettendo a rischio l’ordine globale su cui gli Stati Uniti hanno per decenni governato. “La storia ci ha insegnato che quando i terroristi non pagano un prezzo per il loro terrore, quando i dittatori non pagano un prezzo per la loro aggressione, causano ancora più caos, morte e più distruzione“, ha detto Biden. “Continuano ad andare avanti e avanti. In questo modo, i costi e le minacce per l’America e il mondo continueranno ad aumentare”.

Lo sforzo economico richiesto al Congresso e agli americani – Nel discorso, che è durato 15 minuti, Biden ha cercato di fare una cosa non facile. Spiegare all’opinione pubblica americana perché due conflitti geograficamente così lontani sono essenziali per la vita e la sicurezza dei cittadini americani. I dettagli del piano verranno resi noti solo oggi, ma si sa che il contributo Usa per la guerra di Israele contro Hamas sarà di circa 14 miliardi di dollari (gli Stati Uniti offrono già a Gerusalemme, ogni anno, 3,8 miliardi di dollari). Il pacchetto di aiuti chiesti da Biden non avrà sicuramente vita facile nel suo passaggio al Congresso. I democratici progressisti si oppongono ferocemente all’invio di armi a Israele. I repubblicani conservatori mettono in dubbio la necessità di aggiungere altri miliardi agli oltre 100 miliardi di dollari già approvati in aiuti militari ed economici all’Ucraina. Senza contare che la Camera resta senza uno speaker per le faide interne tra i repubblicani; e senza uno speaker la possibilità che la misura arrivi in aula, per il voto, non appare così semplice.

I nodi dell’economia americana – Ma è tutto il quadro interno statunitense che allunga più di un’ombra sull’impegno che Joe Biden chiede all’America. L’economia americana ha dimostrato quest’anno una buona resilienza. Ma il debito Usa si avvicina ormai pericolosamente ai duemila miliardi di dollari e, senza un voto del Congresso a metà novembre, il governo federale rischia lo shutdown. I dati economici che dovrebbero essere diffusi in queste ore mostreranno, con ogni probabilità, che l’inflazione resta elevata. Il tema è: l’opinione pubblica americana è disposta ad accettare uno sforzo finanziario così consistente, per conflitti che si svolgono a migliaia di chilometri di distanza e in una situazione economica interna così incerta? Senza contare che il quadro è reso ancor più frammentato dalle turbolenze e dagli scontri di un anno elettorale (in cui tra l’altro uno dei più probabili candidati alla presidenza è gravato da diverse inchieste giudiziarie). E senza contare che la stessa base elettorale, lo stesso partito del presidente non pare entusiasta del modo in cui Biden sta gestendo la crisi in Israele. Un sondaggio delle ultime ore di CBS News/YouGov mostra che il 53 per cento dei democratici americani disapprova la gestione della crisi da parte di Biden (e il 61 per cento degli americani ritiene che Biden dovrebbe fare di più per incoraggiare una soluzione diplomatica nella guerra tra Israele e Hamas).

Insomma, sono tante le incognite interne che accompagnano l’azione politica di Joe Biden (senza contare quelle internazionali, soprattutto nella guerra in Israele: dal rischio di un allargamento del conflitto alla strage di civili che la prossima offensiva di terra israeliana a Gaza potrebbe provocare). Ma Biden va avanti per la sua strada, con la sua scommessa, rispolverando – lo ha fatto ancora nel discorso di ieri – un classico della sua retorica politica. Quello di un modo diviso tra democrazie e autocrazie, tra libertà e tirannia, in cui l’America si fa guida del mondo libero. Non è però così certo che questa volta l’America, e il Congresso, lo ascolteranno.

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