Due diagnosi di cancro, un’operazione chirurgica inutile, due anni di cure devastanti. Ma era solo un innocuo neo. Non un melanoma. Per Megan Royle, 33 anni, britannica dell’East Yorkshire, il calvario sulla strada della malasanità si è concluso con una scoperta incredibile: quel tumore della pelle per cui è stata sottoposta a intervento chirurgico e a successive terapie non c’è mai stato. Non è mai esistito. Un sollievo? Alla fine sì. Ma anche tanto sgomento e sensazione di impotenza.
“Quando ti dicono che non hai un cancro pensi che l’emozione immediata sia di sollievo, e in un certo senso lo è stato – spiega lei stessa ai media britannici – ma nel mio caso direi che le emozioni più grandi sono state di frustrazione e rabbia”. Ecco come si è svolta la terribile vicenda che l’ha coinvolta, errore dopo errore, diagnosi dopo diagnosi in un percorso di pessima sanità che questa volta riguarda l’Inghilterra. E’ in 2019. La donna scopre un neo sulla parte superiore del braccio. Un segno di quelli da non sottovalutare. Perché giorno dopo giorno diventa sempre più grosso e dà prurito.
Megan Royle si rivolge subito al suo medico di famiglia che le consiglia, come si fa sempre in questi casi, una visita medica specialistica in un ospedale di Londra. I medici dell’ospedale le prescrivono immediatamente una biopsia su un campione di quel tessuto sospetto. Il risultato arriva. E la diagnosi è angosciante: la donna ha il melanoma, un tipo di cancro della pelle.
Per lei, che allora aveva 29 anni, inizia un lungo percorso di cure con cicli di terapie pesantissime, un intervento chirurgico e la disperata corsa a farsi congelare gli ovuli, per poter diventare madre in seguito. Affronta un intervento di escissione di tessuto di due centimetri per asportare il presunto melanoma, poi si sottopone e nove cicli di trattamento antitumorale. Quando le viene comunicato che il successivo trattamento potrebbe avere un impatto anche sulla sua fertilità, decide per la conservazione degli ovociti.
“Quando mi è stato detto per la prima volta che avevo un cancro e che avevo bisogno di un intervento chirurgico per rimuoverlo e di un trattamento che avrebbe potuto avere un impatto sulla mia fertilità – racconta amaramente – il mio approccio è stato semplicemente quello di dire ‘sì, facciamo quello che dobbiamo fare’”. Dopo l’ultimo trattamento, a maggio 2021, le viene comunicato che i segni della malattia sono spariti: è guarita del tutto. Lei è raggiate. Pensa di aver sconfitto il tumore e di essere stata curata bene. Invece arriva la sorpresa terrificante. La diagnosi di un nuovo centro ospedaliero che prende in mano ed esamina la sua cartella clinica è chiarissima: c’è stato un grosso errore, i medici precedenti hanno preso un abbaglio.
“Quando i medici mi hanno fatto sedere e mi hanno detto che non c’era mai stato alcun cancro mi ci è voluto un po’ per metabolizzarlo” confessa Megan Royle ancora incredula e sotto choc. In quei due anni la giovane donna dell’East Yorkshire ha vissuto un calvario inutile. E scoprire la verità a distanza di tutto quel tempo, ormai distrutta ed esausta per le cure, le ha fatto salire la rabbia. Nonostante il sollievo. Ora può solo sfogarsi per quell’ingiustizia subita raccontando la sua incredibile e dolorosa vicenda: “Sono devastata. Ho trascorso due anni credendo di avere un cancro, ho seguito tutte le cure e poi mi è stato detto che non c’era alcun cancro”.
Nel frattempo, dal quel momento a oggi, è stata risarcita economicamente da ben due ospedali dopo aver portato il suo caso agli enti che gestiscono le situazioni di negligenza medica e malasanità. A pagarle il danno gli stessi centri specialistici che le avevano comunicato la diagnosi di melanoma dopo aver effettuato entrambi la biopsia. Dall’esito del primo esame, infatti, la donna si era si era rivolta per una ulteriore conferma all’unità oncologica di un altro ospedale inglese. Che aveva confermato il risultato precedente. Ma l’impatto psicologico che tutto questo ha avuto sulla vita di Megan Royle non può essere cancellato. Ha creduto per anni di avere un melanoma seguendo un percorso di cure inutile.