Deliveroo e Uber Eats, già al centro con altre due società di food delivery di un’indagine pilota della Procura di Milano sulle condizioni di lavoro e di sicurezza di circa 60mila rider, dovranno versare all’Inps i contributi per migliaia di rider, per un totale, non ancora calcolato esattamente, che potrebbe arrivare ad alcune decine di milioni di euro. Lo ha stabilito nei giorni scorsi la Sezione lavoro del Tribunale milanese in due cause distinte che le due aziende – Uber nel frattempo ha lasciato il mercato italiano – avevano intentato contro l’Inps.

Al centro dei procedimenti, davanti al giudice Nicola Di Leo, c’erano i verbali amministrativi, notificati dall’Ispettorato del lavoro e impugnati dalle società, nei quali era stato indicato che le posizioni di migliaia di ciclofattorini andavano regolarizzate: da lavoratori autonomi a “coordinati continuativi”, con tutte le garanzie dei subordinati. Lo stesso giudice del lavoro ha seguito la posizione presa all’epoca dalla Procura (sul fronte penale l’indagine ha visto il versamento di ammende e successive archiviazioni) e dall’Ispettorato del lavoro, stabilendo che quei rider hanno lavorato come collaboratori coordinati continuativi, sulla base dell’articolo 2 del Jobs Act.

Ai rider che hanno lavorato per Deliveroo, dunque, dal “gennaio 2016 al 31 ottobre del 2020”, va applicata, scrive il giudice, “la disciplina del lavoro subordinato” con conseguente “obbligazione per contributi, interessi e sanzioni nei rapporti con l’Inps e per premi nei rapporti con l’Inail” per “l’orario effettivamente svolto dai collaboratori, da determinarsi dal Login fino al Logout dalla piattaforma per ogni singolo giorno lavorativo e con versamenti da effettuarsi nella Gestione Dipendenti, con le aliquote contributive per il lavoro subordinato, per quanto riguarda il debito nei confronti dell’Inps”. Sulla stessa linea l’altra sentenza sul caso Uber, che riguarda, però, un periodo più limitato che va “dal gennaio 2020 al 31 ottobre 2020”. Ora l’Inps dovrà calcolare l’esatta quota di contributi per entrambe le aziende.

“Stiamo analizzando i dettagli della decisione che si basa su un modello vecchio e un sistema di lavoro dismesso e che non esiste più”, il commento di Deliveroo. “Non si tratta di una decisione definitiva ma di un giudizio di primo grado, a cui faremo appello”. Uber fa sapere: “Non condividiamo la decisione e siamo pronti a fare appello nelle sedi competenti. La maggior parte dei fatti presi in considerazione nelle indagini non sono applicabili a Uber Eats e descrivono modelli operativi della concorrenza molto diversi dalle nostre passate operazioni di delivery.”

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