Non è possibile non commentare il modo netto e radicale col quale la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha pubblicamente scaricato il suo compagno. Per quanto questa notizia affogherà probabilmente nelle paludi del gossip e nutrirà per giorni la morbosa attenzione di tanti media che delle altrui alcove fanno l’oggetto del desiderio, ciò che credo vada tenuto in considerazione è il messaggio, chiaro e netto, che la suddetta manda come donna e come madre.

Con ogni probabilità è stato l’imbarazzante fuorionda nel quale il compagno si è esibito nella più grottesca e censurabile esibizione di ‘maschio’ a costituire quel punto insopportabile che le ha forzato la mano nel dichiarare finita la relazione. Però lo ha fatto. Pubblicamente, mettendoci la faccia di donna e madre. La presidente del Consiglio, donna a capo di un governo di destra che sta portando avanti politiche sociali fallimentari e regressive, dunque per me avversaria politica irriducibile senza se e senza ma, come donna e madre compie quel gesto di cesura che, lo si voglia o meno, costituisce un insegnamento.

Non giustifica, non storicizza, non elucubra regressive teorie che possano diluire il comportamento del compagno nella pur presente tradizione patriarcale. Non caccia i cronisti da casa, non si chiude nel silenzio imbarazzato di chi deve certificare sulla propria pelle la fine della ‘famiglia tradizionale’. No, punta il dito sul compagno indicando la sua responsabilità soggettiva. Lui, solo lui, fuori. Alla porta.

Difficilmente “l’intellighenzia” di sinistra prenderà posizione sui questo tema, troppo indaffarata a baloccarsi sullo spot della pesca o a esibirsi in remuneratissime conferenze tranquillizzanti. A questi dico: non c’è nulla di male a prendere a prestito le frasi, le gesta e le parole di chi abita mondi opposti al proprio, come accade per Louis Ferdinand Cèline, reazionario antisemita ma, al contempo, faro assoluto ed ineguagliato nell’arte dello scrivere dell’emozionare. Quanti incontri, conferenze, articoli, trasmissioni televisive vengono allestiti per convincere le donne che certi tipi di uomo devono essere messi alla porta? Che queste esibizioni di mascolinità arcaica, grottesca, per certi versi padronale e un po’ volgarotta, devono essere banditi? Centinaia. Bene.

Il post della Meloni vale un anno di seminari e campagne pubblicitarie, in quanto si tratta di un gesto deciso che unisce due messaggi essenziali: mettete fuori dalla porta il maschio conquistatore e pecoreccio, salvaguardate il suo essere padre. Ecco qua la chiave di volta, il messaggio che dobbiamo far passare. La psicoanalisi insegna che la figura del padre (così come quella della madre), quand’anche come uomo/donna si riveli debole, fallace, inconsistente, deve essere mantenuto a livello simbolico nel discorso familiare, cercando di offrire nel tempo ai figli una figura che adempia alla funzione paterna/materna, libera per quanto possibile dai comportamenti esterni che sovente hanno determinato la fine dell’unione. Sì, perché la verità indicibile che un analista maneggia e conosce, contiene un evidenza dura da fare accettare: uomini e donne maldestri/e, incapaci all’amore, fedifraghi/e, spacconi/e, o di facili costumi, possono al contempo essere padri e madri capaci. Non semplice.

Nei casi di separazione coi quali sovente abbiamo a che fare, la battaglia che precede ed accompagna il divorzio passa troppo spesso per una destrutturazione reciproca e violenta non solo delle figure di uomo e donna, ma anche di quella di padre e madre. La delegittimazione reciproca, fatta a colpi di rivalità, maldicenze, accuse, insinuazioni sull’adeguatezza del coniuge ad essere un buon genitore, sortiscono l’effetto nefasto non solo di spaccare la coppia, ma anche di demolire quei riferimenti genitoriali che invece devono esser salvaguardati al fine di uno sviluppo equilibrato dei bambini.

La cosa più dura da far digerire a certi ambienti che hanno sognato ideologicamente di poter monopolizzare le battaglie per le donne è che questo messaggio è trasversale e si rivolge alle donne, tutte, una per una, facendo finalmente un rogo delle antiquate idee proprietarie di rappresentazione politica esclusiva. Lo dico, a denti stretti, ma lo dico: l’esempio di Giorgia Meloni va seguito, senza se e senza ma.

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