Ursula Von der Leyen spinge l’Ue verso il sostegno senza fine a Israele e provoca, di nuovo, un terremoto interno alle istituzioni europee. Punto di scontro è il discorso tenuto nella serata di giovedì dalla presidente della Commissione europea all’Hudson Institute di Washington in presenza, tra gli altri, anche del presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, certamente non felice di questa fuga in avanti della capa di Palazzo Berlaymont. Perché nel suo lungo intervento, schierandosi in maniera incondizionata al fianco di Israele e Stati Uniti, la politica tedesca non ha mai citato la necessità di una de-escalation a Gaza e del necessario lavoro per favorire la soluzione dei due Stati, posizione ufficiale dell’Ue. Una rottura tra due delle tre istituzioni europee che si è poi consumata nella giornata di venerdì, tanto da spingere von der Leyen e Michel a organizzare, secondo le indiscrezioni pubblicate da Politico, due bilaterali separati con il presidente Joe Biden. Così, una missione che doveva trasmettere l’unità del fronte occidentale sui dossier internazionali si è trasformata nella fotografia della disgregazione europea.
Il disappunto generato da von der Leyen nei palazzi di Bruxelles è testimoniato anche dalle parole di un alto funzionario europeo: la posizione dell’Unione “è stata espressa dall’Alto Rappresentante e dal presidente del Consiglio europeo. La posizione dell’Ue in materia di politica estera viene definita e decisa dagli Stati membri, dal Consiglio. Il resto, con tutto il rispetto per le opinioni personali che possono essere pienamente legittime, non rappresenta la posizione dell’Ue“.
Non è la prima volta che le opinioni e le iniziative personali di von der Leyen scuotono le istituzioni europee. Era successo anche lo scorso marzo, nel corso della visita della presidente della Commissione negli Stati Uniti, dove incontrò Biden. In quell’occasione, i due firmarono una nota congiunta nella quale si intendeva sancire la collaborazione tra l’Europa e gli Stati Uniti per ridurre la dipendenza da Pechino e limitare l’export di prodotti hi-tech. Scoppiò il caos in alcune cancellerie europee che protestarono duramente, tanto da spingere il Consiglio europeo a chiedere “un parere” agli uffici legali. Mentre il 4 ottobre, dopo il rifiuto della Tunisia di incassare la prima tranche di aiuti Ue da 60 milioni, fu Michel in persona a criticare l’atteggiamento della leader della Commissione, colpevole di non aver coinvolto i paesi membri nelle contrattazioni: “È importante seguire le procedure e assicurarsi che gli Stati membri diano il loro mandato alla Commissione e poi gli Stati membri, durante questo processo, dicano sì o no a ciò che la Commissione ha negoziato. Questa è una lezione chiara, il coinvolgimento degli Stati membri è fondamentale per il suo successo”.
Messaggio ricevuto? Nemmeno per sogno. Anche in questo caso le proteste sono arrivate in forma anonima, ma sono indicative del clima che si respira nei corridoi delle istituzioni brussellesi. “Solo la dichiarazione del Consiglio europeo, prodotta dai vertici per conto degli Stati membri, è la posizione dell’Unione” e in essa si esplicita “la ripresa del processo di pace come l’unica possibile soluzione per questa questione”. Una strategia nemmeno menzionata da von der Leyen nel suo intervento. La fonte ha fatto notare come sia molto “spiacevole” che un “atto terroristico” come l’attacco di Hamas abbia prodotto “conseguenze politiche” perché è la “reazione” all’atto terroristico “che produce conseguenze politiche”. L’Ue “rimane impegnata per una pace sostenibile, basata su una soluzione a due Stati”, attraverso nuovi “sforzi” per rilanciare “il processo di pace in Medio Oriente. Esattamente quello che hanno detto i 27 capi di Stato e di governo”.
Parole ben diverse da quelle usate dalla capa dei commissari Ue in occasione del suo intervento a Washington: “Le nostre democrazie sono sotto attacco continuo e sistematico da parte di coloro che detestano la libertà perché minaccia il loro dominio – ha detto – Da più di 600 giorni, i nostri amici in Ucraina combattono e muoiono per la loro libertà contro l’aggressione russa. E ora Israele ha subito il peggiore attacco terroristico nella sua storia, il peggior sterminio di massa di ebrei dai tempi dell’Olocausto. Queste due crisi, per quanto diverse, richiedono che l’Europa e l’America prendano posizione e stiano insieme”. L’idea di politica estera di von der Leyen è quella di una strategia a guida Usa-Ue che influenzi le più importanti aree del mondo, nonostante l’ascesa e le pressioni di altre grandi potenze. Cina in primis. “Quello che è in gioco – ha continuato – fa impallidire ciò che vediamo in questi giorni difficili. Stiamo dando forma alla storia del nostro futuro. E credo che l’Europa e gli Stati Uniti abbiano il dovere di plasmarlo insieme, quel futuro”. Questa strategia, stando alle sue dichiarazioni, non sembra però contemplare la via diplomatica, bensì lo scontro diretto con una potenza come la Russia e i suoi alleati: “L’Iran, protettore di Hamas, vuole solo alimentare il fuoco del caos. La Russia, cliente dell’Iran in tempo di guerra, sta osservando attentamente. La Russia e Hamas sono simili. Come ha affermato il presidente Volodymyr Zelensky, la loro ‘essenza è la stessa’. Entrambi hanno deliberatamente cercato civili innocenti, compresi neonati e bambini, da uccidere o prendere in ostaggio. È un modo barbaro di combattere. E, lasciato senza controllo, questo contagio ha il potenziale per diffondersi, dall’Europa, in tutto il Medio Oriente e nell’Indo-Pacifico”.
L’intervento di Ursula von der Leyen non ha indispettito solo le cancellerie europee e, di conseguenza, il Consiglio Ue. Anche tra i corridoi del Parlamento europeo il disappunto non viene nascosto. Fonti interne sentite da Ilfattoquotidiano.it parlano di “un malumore che non si era mai visto nel corso di questa legislatura”. Anche perché la fuga in avanti di von der Leyen non ha solo ‘esautorato’ gli Stati membri, ma ha di fatto boicottato una risoluzione della Plenaria votata giovedì a larga maggioranza e nella quale, oltre a condannare duramente l’attacco di Hamas, si chiede “l’immediato rilascio degli ostaggi, l’accertamento delle gravi responsabilità del bombardamento sull’ospedale di Gaza, una pausa umanitaria per consentire i soccorsi alla popolazione civile”. “Già la visita di von der Leyen e della presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, in Israele aveva creato dei malumori – spiegano le fonti a Ilfattoquotidiano.it – A questo si è però aggiunta, con maggior forza, la presa di posizione a Washington. Ciò che ha disturbato le varie forze politiche della Plenaria è la decisione della presidente tedesca di schierare l’Ue in una determinata posizione internazionale senza averne il mandato, senza aver consultato prima gli Stati membri. È una pesante ingerenza”. E le conseguenze, spiegano da Bruxelles, rischiano di essere gravi per più motivi: “Oltre alla questione politica – aggiungono -, non si è tenuto conto che ci sono ancora decine di cittadini europei nelle mani di Hamas. Schierarti così nettamente al fianco di Stati Uniti e Israele ti rende un soggetto attivo nello scontro. E questo rende più complicato, poi, andare a trattare per il rilascio delle persone in mano agli islamisti”. Anche perché la strategia di Tel Aviv è apparsa chiara già da venerdì: il governo, secondo le rivelazioni della Bbc, ha infatti rifiutato la proposta di tregua inviata da Hamas in cambio di un rilascio parziale dei prigionieri. “A questo si aggiunge un rischio legato alla sicurezza interna dell’Ue – continua la fonte – La tensione è già alta, alcuni Paesi hanno alzato l’allerta terrorismo, come testimoniano gli arresti di questi giorni in seguito all’attentato di Bruxelles. Se diventi parte attiva nello scontro, pur non ricoprendo un ruolo primario in Medio Oriente e con i Paesi musulmani in subbuglio, ti esponi anche alle azioni di cellule dormienti o lupi solitari sul nostro territorio”.
La convinzione di chi frequenta i palazzi delle istituzioni europee è che le scelte unilaterali di von der Leyen siano legate a un preciso piano in vista del voto del prossimo giugno. Una campagna elettorale in largo anticipo che ha come scopo, oltre a quello di confermare la politica tedesca al vertice del Berlaymont, quello di lanciare un preciso messaggio: al fianco di Washington, sempre e comunque. In barba ai progetti di maggiore autonomia portati avanti dai leader dei principali Paesi europei, Emmanuel Macron in testa. La domanda che circola adesso a Bruxelles è: quanto ancora von der Leyen porterà avanti la campagna elettorale sulle crisi internazionali? E se si schiaccia su posizioni così marcatamente filo-Usa, quale spazio di manovra rimarrà alle istituzioni di Bruxelles?