Forza Italia ha cercato di bloccare la messa in onda di Report con la scusa delle elezioni suppletive per il collegio di Monza. La trasmissione di Sigfrido Ranucci stasera manderà in onda l’inchiesta di Luca Bertazzoni sull’eredità di Silvio Berlusconi. Si parlerà dei conti in rosso di Forza Italia, dei mancati pagamenti dei parlamentari e del ruolo di Marta Fascina. E sarà trasmessa anche un’intervista ad Alfredo Messina, che del partito di Arcore è il tesoriere. “Mangano… Lei ricorda quel periodo quando venivano rapite persone? C’era il timore che rapissero anche i figli di Berlusconi. E allora credo che non fosse stata di Berlusconi l’idea di Mangano, ma fosse stata di Dell’Utri, che lo conosceva per altri motivi, a proporre se si metteva una tutela particolare e evitiamo di rapire qualche ragazzo”, dice alle telecamere di Report uno degli uomini storicamente più legati all’ex presidente del consiglio, con un passato da manager della Fininvest.
Messina, dunque, ammette quello che è stato sempre negato dai legali di Marcello Dell’Utri – e dallo stesso ex senatore – nelle aule dei tribunali: non è vero che Vittorio Mangano, boss di Porta nuova a Palermo, arrivò ad Arcore solo per occuparsi di cavalli e di cani. No: l’arrivo del mafioso in Lombardia serviva per proteggere la famiglia di Berlusconi. In pratica lo stesso concetto che è scritto nero su bianco nella sentenza di condanna di Dell’Utri a sette anni di carcere per concorso esterno a Cosa nostra: l’assunzione di Mangano “costituiva l’espressione dell’accordo concluso, grazie alla mediazione di Dell’Utri, tra Cosa nostra e Silvio Berlusconi” ed “era funzionale a garantire un presidio mafioso” all’interno di Villa San Martino.
Sarà per tutte queste implicazioni che, secondo quello che risulta a ilfattoquotidiano.it, Forza Italia ha cercato di bloccare la messa in onda della trasmissione d’inchiesta di Rai 3. Il pressing di Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato e componente della commissione Vigilanza, è stato giustificato con le elezioni in corso nella provincia di Monza e Brianza per eleggere il senatore che andrà ad occupare il seggio lasciato libero proprio da Berlusconi, deceduto nel giugno scorso. Secondo i berlusconiani la messa in onda dell’inchiesta di Report a urne aperte – chiuderanno alle 15 di lunedì – violerebbe la par condicio. L’amministratore delegato della Rai, Roberto Sergio, ha però rigettato la richiesta di Forza Italia. I 700mila brianzoli al voto, infatti, rappresentano un numero troppo esiguo di elettori per far sollevare questioni di par condicio elettorali sulle tv nazionali. In più nella puntata di Report non si discute né del voto in corso e neanche dei temi al centro della campagna elettorale per le suppletive del seggio lombardo. Insomma: la corsa di Adriano Galliani, candidato del centrodestra, non ha niente a che vedere con l’inchiesta della trasmissione della Rai.
Senza considerare che in effetti già prima di Messina c’era chi aveva giustificato l’arrivo di Mangano ad Arcore col rischio dei sequestri di persona. No, non si tratta degli investigatori, dei pubblici ministeri e neanche dei giornalisti. Era stato lo stesso Dell’Utri, in un’intervista rilasciata al Foglio nel 2021, a cambiare completamente versione sull’assunzione del fattore di villa San Martino: “Eravamo negli anni 70, e la faccia di Mangano poteva tenere lontani i malintenzionati in un periodo violentissimo della storia di questo paese. C’erano i rapimenti allora“. Altro che cani e cavalli: nel 1974 Vittorio Mangano era diventato lo “stalliere” di Arcore perché serviva qualcuno in grado di proteggere Berlusconi e la sua famiglia. Potevano assumere un vigilante privato, invece dalla Sicilia arrivò un boss di Cosa nostra.