“Ho scritto il mio nome sulla mia mano e quello dei miei figli sulle loro, nel caso morissimo sotto un bombardamento e ci fosse bisogno di riconoscere i nostri corpi” racconta Ahmad Abu Saba’a, 35 anni, al corrispondente dell’agenzia di stampa turca Anadolu a Gaza. “Ci sono moltissimi morti, specialmente bambini, i cui cari hanno difficoltà a riconoscere”. Le bombe israeliane, aggiunge Abu Saba’a, “non fanno discriminazione: colpiscono chiunque e ovunque”.

Dall’inizio dell’offensiva su Gaza da parte dell’esercito israeliano, sono morti oltre 3700 palestinesi, di cui oltre 1500 bambini, a quanto riportano i dati diffusi dal ministero della sanità di Hamas. L’alto numero di vittime, spesso irriconoscibili, “ci ha costretti – spiegano funzionari della sanità – a dover scavare fosse comuni”. A confermare le loro parole è una fonte medica dall’ospedale al Shifa, interpellata dal quotidiano panarabo al Araby el Jadeed. “I corpi di dozzine di vittime sono difficili da identificare, se non attraverso segni particolari che solo le loro famiglie potrebbero riconoscere. Per questo – aggiunge – abbiamo deciso di seppellire i corpi di chi non viene subito riconosciuto in un cimitero temporaneo adiacente alla struttura”.

Negli ultimi giorni, l’ospedale al Shifa si è trasformato anche in una meta per sfollati che vi cercano rifugio, spesso accampandosi all’esterno o venendo accolti alla meglio al suo interno. Eppure le strutture sanitarie della Striscia sono state prese di mira fin dall’inizio delle operazioni. “Quattro ospedali – ha dichiarato il portavoce del ministero della sanità di Gaza, Ashraf al Qudra –, sono completamente fuori uso a causa dei bombardamenti massicci”. Mentre le vittime, aggiunge, “sono almeno 44 fra i dipendenti del personale sanitario”.

Proprio gli intensi bombardamenti avrebbero creato un esodo di migliaia di persone dirette da nord a sud. Questa fuga interna di famiglie ha provocato diversi casi di smarrimento. Ziad, 35 anni, autore di un diario sul giornale inglese Gurdian, riporta nel suo resoconto giornaliero di due fratelli di 5 anni che si sono persi, trovandosi senza famigliari. “Per correre ai ripari dalla perdita dei propri bimbi – continua Ziad, nel suo diario pubblicato sul quotidiano anglosassone –, ho letto di una madre che ha scritto sulle mani dei suoi figli i loro nomi e i recapiti telefonici”.

L’idea sembra essersi diffusa velocemente. Tanto che il nome, il cognome e il numero della carta di identità scritti a penna sulla mano di un bambino palestinese è l’immagine che nelle ultime ore ha fatto il giro dei social, suscitando l’attenzione di molti.
Ma se da una parte ci sono genitori che non vogliono smarrire i propri figli, dall’altra c’è chi li deve riconoscere. Ahmad al Masry, residente a Gaza, aspetta di poter andare all’ospedale a identificare il corpo del figlio. “Al momento non posso andare – spiega al quotidiano al Araby el Jadeed –, a causa della pericolosità della strada che porta dal valico di Rafah a al Shifa, dove c’è il corpo di mio figlio che credo abbiano seppellito nella fossa comune temporanea, insieme a quelli delle persone ignote”. E conclude fiducioso: “Spero di andare presto per riconosce il suo cadavere”.

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