di Antonio Marino
Il dibattito sulla politica internazionale nei media dominanti italiani prevede uno strisciante e sistematico ostracismo nei confronti di coloro che non iniziano le loro analisi premettendo la loro condanna morale rispetto all’attentato terroristico compiuto da Hamas nei confronti dei civili israeliani. La marginalizzazione progressiva di tali studiosi, che commettono il solo peccato di discostarsi dalla linea filo americana e ultra atlantista, si accompagna ad una sapiente e subdola attività mediatica di discredito sul piano personale di tali figure; non di rado tale attività integra gli estremi di una vera e propria condotta diffamatoria.
Ricorderete certamente la lista diffamatoria del Corriere della Sera sui “putiniani d’Italia”, all’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina, nei confronti di coloro che, dopo aver costantemente premesso la condanna morale dell’azione di Putin, cercavano semplicemente di interrogarsi sulle cause storiche del conflitto. Il medesimo schema di discredito si sta ripetendo, allo stesso modo, nell’ambito del conflitto tra Israele e Hamas. Non ha dignità di parola lo studioso o l’analista che non inizi il proprio discorso con l’espressione: “Esprimo la mia condanna morale per l’attentato terroristico compiuto da Hamas”. Verrebbe da chiedere: dov’era l’Occidente e dov’erano i media dominanti quando si trattava di condannare moralmente la politica disumana condotta da Netanyahu nei confronti dei civili palestinesi?
Ora, è evidente ad ogni persona ragionevole che nessuno degli studiosi in parola – che sia il professor Orsini o l’ex ambasciatrice Basile – condivida moralmente le atrocità compiute da Putin o da Hamas. Si tratta di una tecnica sociale dei media dominanti che consiste nel gettare discredito su tali figure sul piano personale e professionale al fine di far apparire più deboli le loro tesi agli occhi della collettività, in mancanza di validi argomenti di segno contrario.
Il nemico di questa tecnica è lo studio delle cause di un fenomeno storico o sociale; lo studio della causa rispetta un metodo scientifico finalizzato alla ricerca di una soluzione. Dal momento che le cause di un fenomeno composito sono esse stesse complesse, è evidente come non possa ridursi ogni analisi alla mera condanna morale ora di Hamas ora di Putin ora del nemico di turno dell’Occidente. La complessità delle cause è incompatibile con il tifo da stadio, che presuppone, viceversa, lo schierarsi in maniera netta e decisa con una parte o con l’altra. In altri termini, il tifo da stadio in un conflitto complesso costituisce la soluzione semplice, complice dell’opera di emarginazione da parte dei media degli studiosi non schierati sulle posizioni dominanti. Colui che non si schieri acriticamente con Israele o con l’Ucraina, dopo aver condannato moralmente Hamas o Putin, è il nemico da combattere per i media, sempre appiattiti, per interesse o anche solo per semplice mancanza di senso storico, sulle posizioni dettate da Usa e Nato.
Si dirà: a studiosi come Orsini e Basile viene comunque data la possibilità di comparire in programmi televisivi, dunque non vi è alcuna censura, dal momento che essi possono liberamente esprimere il loro pensiero. Allora vi domando: è davvero questa la massima libertà di pensiero e di opinione cui l’Italia può aspirare? E’ davvero libertà quella che deve scontare il prezzo del pubblico dileggio e finanche della cancellazione di contratti già conclusi?
Vi accorgerete, allora, che in fondo larga parte dell’informazione dominante non è molto lontana da quei sistemi illiberali che noi popoli civilizzati vantiamo di combattere.