Un disagio che, oltretutto, si è presentato poco dopo che Erika e suo marito avevano scoperto di aspettare il loro primo figlio, cosa che ha creato una situazione ancor più difficile da affrontare
Erika Gemzer, una dipendente di Google, ha vissuto una vera esperienza da incubo con Airbnb. Tutto è iniziato mesi fa, quando lei e il compagno hanno deciso di affittare l’appartamento dove vivono a San Francisco: di certo mai si sarebbero aspettati che gli ospiti gli distruggessero letteralmente la casa, provocando danni per un totale di circa 300.000 dollari a causa di uno sciacquone del water rimasto aperto per molte ore nel tentativo di risolvere un blocco nel gabinetto. Un vero disastro, ma questo è stato solo l’inizio. Sì, perché poi è iniziata la trafila burocratica per avere il rimborso dal noto portale di affitti brevi.
Dal mese di aprile, quando è avvenuto questo incidente, Airbnb non ha fornito il sostegno sperato a Gemzer: l’unica compensazione ricevuta, ha spiegato la donna al Daily Mail, finora è stata pari al 10% dell’importo totale, che Erika considera insufficiente dato che, solo per asciugare completamente l’appartamento, sono state necessarie sette settimane di lavori.
Un disagio che, oltretutto, si è presentato poco dopo che Erika e suo marito avevano scoperto di aspettare il loro primo figlio, cosa che ha creato una situazione ancor più difficile da affrontare. Sebbene la maggior parte di questi costi sia sostenuta dall’assicurazione del proprietario dell’immobile, la futura madre spera che Airbnb la aiuti a pagare una serie di spese che vanno ben oltre i 30.000 dollari garantiti. Le riparazioni, che dovrebbero durare per sei mesi, devono ancora essere avviate e l’iter burocratico avviato con il portale statunitense Airbnb ha richiesto innanzitutto che Gemzer chiedesse agli ospiti di pagare il conto, cosa che non ha avuto successo.
La società ha quindi assegnato qualcuno al suo caso e alla fine l’ha messa in contatto con un perito terzo che ha chiesto ulteriore documentazione nel corso delle settimane, nel tentativo di determinare la responsabilità del danno. Nel corso della sua intera comunicazione con Airbnb, la donna ha dichiarato di non essere mai riuscita a parlare con qualcuno al telefono, nonostante conversazioni lunghe ben 93 e-mail: ora, la sua speranza è che la faccenda possa arrivare ad una svolta.