Non intervenite a Gaza: “I bombardamenti israeliani degli aeroporti di Damasco e Aleppo sono un messaggio per l’Iran”. Questa è la lettura che danno fonti militari arabe interpellate dal quotidiano Al Quds al Arabi, vicino alle istituzioni palestinesi di Abu Mazen. “Non a caso – chiarisce la fonte – il bombardamento dei due scali è avvenuto in concomitanza con l’arrivo a Damasco di Esmail Qaani, generale iraniano a capo della Forza al Quds”, la brigata speciale in seno alla Guardia Rivoluzionaria responsabile delle operazioni fuori Paese.
Il messaggio israeliano arriverebbe proprio nel momento in cui si teme un’escalation del conflitto, attraverso il coinvolgimento di Hezbollah, il partito-milizia libanese, già operativo all’interno del conflitto siriano. Inoltre, i due scali siriani, temporaneamente fuori uso, in caso di conflitto sarebbero i punti di sbarco principali per gli approvvigionamenti di armamenti forniti da Teheran.
E proprio alcune postazioni del partito milizia libanese, situate al confine con Israele, sarebbero state colpite dagli israeliani come ulteriore avvertimento dato dallo stesso Netanyahu a “non entrare in guerra”. Ma per il giornale israeliano al Hareetz “Hezbollah ha immensamente aumentato ed evoluto le sue scorte missilistiche con l’aiuto dell’Iran e l’esperienza nella guerra civile siriana al fianco di Bashar al Assad”. Secondo stime pubbliche, scrive il giornalista Oded Yaron, “il gruppo sarebbe in possesso di oltre 150mila missili, la maggior parte di questi con un raggio d’azione di decine di chilometri”. Oltre al pericolo dal cielo, c’è quello che viene dai tunnel. Solo nel 2018, l’esercito israeliano aveva identificato diversi cunicoli sotterranei al confine con il Libano che avrebbero permesso ai miliziani sciiti di infiltrarsi nel nord del Paese, prendendo facilmente il controllo di molti villaggi.
Non tutti però sono sicuri che Hezbollah sia davvero pronto a entrare nel conflitto a Gaza in supporto di Hamas. Un suo intervento, spiega Anton Mardasov, esperto in questioni mediorientali, citato dall’edizione araba di Russia Today, vicina al Cremlino, “porterebbe alla fine del partito”. È indubbio, continua l’analista, “che Israele inizierebbe a bombardare le posizioni di Hezbollah e lancerebbe una massiccia operazione aerea nella regione”. Ciò, conclude, “condurrebbe il Libano in uno stato di caos, dato il deterioramento della sua situazione economica e al collasso del suo intero sistema politico”.
A non voler estendere il conflitto, nonostante i recenti raid, sarebbe anche lo stesso Israele. “Una guerra con il Partito di Dio – scrive il quotidiano al Araby el Jadeed, citando l’esercito israeliano – provocherebbe migliaia di morti anche nelle nostre fila”.