La questione è già da anni al centro del dibattito politico e sociale del Paese, che nel 2017 approvato la legge che impone a tutte le aziende con più di 25 dipendenti di ottenere, ogni anno, una certificazione di equità salariale, pena sanzioni economiche. Ma il gender gap, ovvero la differenza tra gli stipendi di uomini e donne, persiste in Islanda e le donne hanno dunque deciso di fare sentire ancora una volta la loro voce, dimostrando quanto il loro lavoro sia cruciale. Il 24 ottobre, dunque, verranno proclamate 24 ore di sciopero delle donne e delle persone non binarie contro il divario retributivo: decine di migliaia saranno in piazza domani in tutta l’isola e all’astensione dal lavoro prenderà parte anche la primo ministro Katrín Jakobsdóttir (foto).

Quello di domani sarà il primo sciopero di questo tipo da 50 anni a questa parte. Gli organizzatori sperano che le manifestazioni portino la società a riflettere sulle differenze salariali dovute al genere e sulla diffusa violenza sessuale nel Paese. Tra i partecipanti confermati ci saranno lavoratori dell’industria della pesca, insegnanti, infermiere. L’ultimo sciopero femminile di un’intera giornata risale al 1975, quando il 90% delle donne islandesi si rifiutò di lavorare nell’ambito del “kvennafrí” (giorno di riposo delle donne), portando a cambiamenti cruciali, tra cui la prima donna eletta presidente di un Paese.

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