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Ministra inglese contro la polizia: “Dimostranti gridavano jihad” ma pochi arresti al corteo pacifico pro Palestina a Londra

Una manifestazione imponente e pacifica. Ma è polemica nel Regno Unito fra il governo conservatore di Rishi Sunak e i vertici della polizia per il limitato numero di arresti eseguiti dagli agenti durante il corteo svoltosi sabato a Londra e in altre città sullo sfondo della risposta militare di Israele sulla Striscia di Gaza dopo l’attacco dei terroristi di Hamas del 7 ottobre. Iniziativa senza pari per partecipazione in occidente nelle ultime settimane e che nella sola capitale britannica ha visto sfilare circa 100.000 persone.

Il raduno si è svolto in larghissima parte senza incidenti, con un totale di non più di 10 fermi per possesso di mortaretti o infrazioni minori all’ordine pubblico; ma senza alcun arresto per sospetti d’istigazione all’odio o all’antisemitismo. Un bilancio del quale l’esecutivo chiede ora ‘conto’ ai responsabili di Scotland Yard, la Metropolitan Police di Londra, il cui comandante, Mark Rowley, è stato convocato oggi dalla ministra dell’Interno, Suella Braverman, super falco della compagine e della destra Tory.

Braverman, come altri ministri, ha fatto riferimento ad alcuni video in cui si vedono drappelli di dimostranti intonare slogan contenenti la parola “jihad” per sollevare perplessità sul fatto che questo comportamento non sia stato sanzionato. E ribadire che, secondo il governo, tale parola non può essere “tollerata” nelle strade del Regno, poiché esprime sentimenti di “incitamento all’odio” o, potenzialmente, di “esaltazione del terrorismo”. Scotland Yard, in un proprio rapporto, ha viceversa sottolineato come in base alla legge attuale britannica gridare “jihad” non rappresenti di per sé una violazione della legge o un’invocazione alla violenza, poiché in arabo – come notano agli esperti di polizia – si tratta di un termine che ha “vari significati”.

Nel Regno Unito, a differenza che in Francia, le manifestazioni filo-palestinesi non sono state sottoposte a restrizioni generalizzate dopo i fatti del 7 ottobre. Mentre è rimasta per ora sulla carta l’ipotesi avanzata dalla stessa Braverman di vietare almeno temporaneamente non solo l’uso dei vessilli di Hamas – illegali, trattandosi di un’organizzazione bollata come terroristica nel Paese – ma pure delle bandiere nazionali della Palestina: sventolate in gran numero ai raduni di sabato. A evocare la parola Jihad durante la mega manifestazione di Londra risultano essere stati in particolare attivisti ultrà della sigla Hizb ut-Tahrir, organizzatisi separatamente ai margini del corteo principale. Un sodalizio d’impronta islamico-radicale la cui messa al bando era stata evocata sia dal premier laburista Tony Blair, dopo gli attentati del 2005, sia da David Cameron, dopo il ritorno dei conservatori al governo nel 2010: salvo essere poi lasciato legale da entrambi su indicazione dei loro ministeri dell’Interno e degli allora vertici di polizia, secondo cui un provvedimento indistinto sarebbe stato controproducente.

Ma anche se i cortei in Francia sono stati vietati anche a Parigi la questione israelo-palestinese incide sul governo. Le cronache politiche registrano scintille tra la maggioranza di Emmanuel Macron e la France Insoumise (Lfi) di Jean-Luc Mélenchon. Durante una missione nel fine settimana a Tel Aviv, la presidente dell’Assemblea Nazionale, Yaël Braun-Pivet, ha detto che la Francia sosteneva “pienamente” Israele e che nulla dovrebbe “impedire” agli israeliani di difendersi dagli attacchi di Hamas. Mélenchon ha replicato ieri accusando Braun-Pivet di “accamparsi a Tel Aviv per incoraggiare il massacro” a Gaza. “Ma non in nome del popolo francese”, ha rincarato il leader Insoumis, pubblicando sul suo profilo X (ex Twitter) un video della manifestazione pro-palestinese che ieri ha riunito migliaia di persone in Place de la République a Parigi.

Questa mattina, Braun-Pivet, regolarmente vittima di minacce antisemite, ha accusato il leader Insoumis di fomentare gli attacchi contro di lei. “Con Braun-Pivet- ha replicato lui in un nuovo messaggio pubblicato questa mattina su Twitter – il peggioramento della polemica politica raggiunge livelli mai visti. Apologeta del ‘sostegno incondizionato del governo a Israele’, è tornata senza una parola di compassione per i palestinesi rinchiusi a Gaza. E ora attribuisce alla parola ‘accamparsì un contenuto antisemita. Quest’assurda polizia delle parole è una pietosa diversione per distogliere l’attenzione dal suo grave errore politico”. Da giorni, Mélenchon è al centro delle polemiche politiche per il suo rifiuto di definire Hamas un movimento “terrorista”. Una questione che ha fatto tracollare l’alleanza tra Lfi, socialisti e comunisti nella coalizione di sinistra Nupes.