Mondo

In Argentina stop all’ultraliberista con la motosega: ora Sergio Massa dovrà cercare i voti uno a uno

Avere alla Casa Rosada l’anarcocapitalista Javier Milei deve essere sembrato agli argentini più che un salto nel buio, un tuffo di testa in una piscina vuota. E così sono corsi a votare Sergio Massa. rappresentante dei peronisti che nelle elezioni di agosto erano usciti piuttosto malconci.

In Argentina, un paese in cui il 40 per cento degli abitanti è povero, e che ha già vissuto due iperinflazioni, la crisi del 2001, la deindustrializzazione, la disoccupazione, la dittatura e il nefasto periodo di Carlos Menem alla presidenza, c’è stato insomma un sussulto di coscienza collettiva: la politica individualista e liberista dell’uomo che alle manifestazioni di piazza si presentava con la motosega (per ricordare che lui avrebbe tagliato gli sprechi dello stato) ha ricevuto al momento un cartellino giallo.

Ma per cantare vittoria c’è tempo. Queste tre settimane che mancano al 19 novembre, giorno del ballottaggio saranno fondamentali, e i voti per la Unión por la patria, il partito di Massa, vanno cercati uno ad uno. In questa tornata elettorale i militanti riempivano le caselle di posta, inviavano messaggi Whatsapp, ti chiamavano al telefono per ricordarti che la ricetta di Milei altro non era che la politica attuata da Carlos Menem tra la fine degli anni Ottanta e il Novanta, quella che aveva costretto tantissimi argentini ad emigrare in cerca di una vita migliore.

Sarà forse la scelta più difficile di questi ultimi venti anni per gli argentini, perché parliamoci chiaramente: il 19 novembre non si tratterà di scegliere tra un partito di centrosinistra e uno di centrodestra, ma tra una forza che potremmo definire di centro con spinte da destra sociale (Massa) con una di estrema destra, il cui leader Milei nega il genocidio degli anni 70, i desaparecidos, celebra la dittatura come modello di ordine e sicurezza, vuole abolire la legge sull’aborto recentemente approvata, vuole permettere agli uomini di disconoscere i figli, desidera privatizzare tutto – dagli ospedali alle scuole.

Senza dimenticare che Javier Milei è un leader di partito che parla attraverso una medium, con lo spirito del suo amato cane morto alcuni anni fa. Insomma ci sarebbe da ridere a guardare i comizi di Javier Milei, e le conferenze delle sue candidate che si dicono terrapiattiste, se non fosse che le sue parole hanno convinto a sorpresa, alle primarie di agosto, il 30 per cento degli argentini, soprattutto i giovani.

La situazione – concordano tutti – è tragica: l’inflazione annuale è al 138 per cento, già a luglio si usciva al mattino a comprare il pane e al pomeriggio il prezzo era aumentato almeno del 30 per cento. Altri beni di primo consumo a volte non si poteva comprarli perché il negoziante non aveva ancora stabilito il prezzo. Capire l’economia argentina è davvero un rompicapo, soprattutto perché si guadagna in pesos ma si deve ragionare in dollari, perché l’economia è già dollarizzata e da tempo, essendo il biglietto verde uno dei pochi e più sicuri strumenti di investimento per gli argentini, oltre agli immobili, per chi si può permettere l’acquisto.

Non c’è una sola quotazione del dollaro, ce ne sono almeno dieci di cui tener conto a seconda di quello che si vuole fare con i dollari. C’è una quotazione ufficiale che stila la banca, ma se vai per cambiare i tuoi pesos, la risposta è quasi sempre che di dollari da vendere non ce sono. Questo ti costringe a rivolgerti alla case di cambio illegali, la cui valutazione del biglietto verde è quasi sempre triplicata rispetto alla quotazione ufficiale. Chi decide queste valutazioni enormi? Un sistema formato da banche, speculatori finanziari, piccoli e grandi imprenditori che, su quella che viene chiamata la bicicletta finanziaria, guadagnano e impoveriscono il paese.

Per non parlare poi del prestito impagabile che il Fmi fece a Mauricio Macri. Soldi che non rimasero certo nel paese. A contribuire alla vittoria di Sergio Massa è stata sicuramente l’ottima prestazione elettorale del governatore della provincia di Buenos Aires, Alex Kicillof, che è stato il motore di un’onda nazionale. I discorsi da campagna elettorale sia di Sergio Massa sia di Kicillof sono stati improntati più sulla produzione e sul lavoro, declinati senza ideologismi. Dato che certamente è piaciuto agli imprenditori argentini, rimasti piuttosto spaventati invece dalle proposte di Milei.

Ora per Massa si è aperta la caccia ai voti che devono essere cercati tra i radicali, tra quelli che hanno votato in bianco e forse nella sinistra. Un brivido corre lungo la schiena degli argentini: Milei non ha vinto al primo turno, è vero, rimane al suo 30 per cento delle primarie, ma c’è quel 23 per cento di Patrizia Bullrich, anche lei di destra, che potrebbe dare una mano al candidato con la motosega.

Intanto è bene segnalare con un moto di grande tristezza che fra i deputati che siederanno a la Casa Rosada ci sarà Riccardo Bussi, figlio del generale Domingo Bussi, che fece uccidere e sparire migliaia di studenti, operai e sindacalisti nella provincia di Tucuman negli anni Settanta. Il Nunca Más ora se lo ricordano in pochi.