Sarà di nuovo un governo a trazione socialista quello che si appresta a nascere in Spagna dopo le elezioni del luglio scorso. Il Psoe ha infatti annunciato di aver raggiunto un “accordo programmatico” per un nuovo “governo di coalizione progressista” con il movimento Sumar di Yolanda Diaz, rispettando così le premesse fatte da Pedro Sanchez prima di recarsi alle urne.
Un governo che, almeno nella sua impostazione ideologica, segna una continuità con quello precedente, composto sempre dal Psoe e da Unidas Podemos, confluito nella nuova formazione di sinistra guidata dall’ex ministra del Lavoro. Per potersi confermare come premier, Sanchez dovrà come sempre ottenere il sostegno di diversi altri partiti, tra cui gli indipendentisti catalani di Esquerra Repubblicana e di Junts per Catalunya, formazioni con cui continuano negoziati politici sottotraccia. In base a quanto previsto dalla Costituzione, se non riuscisse a ottenere la fiducia del Parlamento entro il 27 novembre il re dovrà sciogliere le Camere e indire nuove elezioni.
L’intesa programmatica tra Psoe e Sumar è stata annunciata dopo diversi giorni in cui le due formazioni hanno messo pubblicamente in scena divergenze su alcuni temi di dibattito pubblico, in particolare in materia di misure sul lavoro. Ma tra gli osservatori politici non c’erano dubbi che il patto sarebbe arrivato. “Questo accordo di governo sarà valido per una legislatura di quattro anni – si legge in un comunicato congiunto – Consentirà al Paese di continuare a crescere in modo sostenibile e con un mercato del lavoro di qualità, attraverso politiche basate sulla giustizia sociale e climatica e volte all’estensione dei diritti”. La riduzione della settimana lavorativa “senza diminuzioni salariali”, permessi di paternità e maternità più ampi, una riforma fiscale “equa” che “faccia sì che banche e grandi compagnie energetiche contribuiscano alla spesa pubblica” e un nuovo aumento del salario minimo sono alcuni dei principali impegni di governo assunti.