Il comunicato post consiglio dei ministri del 16 ottobre modificato a una settimana di distanza nella parte relativa al taglio del cuneo. Modificando la parte che dava conto della prosecuzione dello sgravio già in vigore (7% per i redditi fino a 25mila euro, 6% per i redditi fino a 35mila euro) con una frase che prevedeva invece un décalage, con decontribuzione del 7% solo fino a 15mila euro di retribuzione e poi decrescente per scaglioni. Un’alterazione cancellata poche ore dopo, riportando il testo alla versione originaria. Che in effetti è quella – a questo punto definitiva – che compare nell’ultima versione della manovra. L’incredibile pasticcio, raccontato su X da Luca Cifoni del Messaggero, è andato in scena lunedì 23 ottobre. Il giorno in cui, in assenza di un testo, il Corriere ha dato notizia di una bozza che ipotizzava appunto uno sconto rimodulato in peggio, scatenando le ire della Cgil.
La decisione di ridurre il beneficio per i lavoratori e di conseguenza risparmiare risorse doveva in effetti essere stata presa se, come ha fatto notare Cifoni alle 16:28, il Mef era addirittura intervenuto ex post su un comunicato ufficiale modificando il paragrafo su cuneo e riforma dell’Irpef. Eppure, nel tardo pomeriggio di lunedì il ministero, secondo l’Ansa, “non confermava” le indiscrezioni di stampa sulla rimodulazione con sconti fiscali ridotti sopra i 15mila euro. E subito dopo il comunicato è stato riportato alla forma iniziale.
Il leader della Cisl Luigi Sbarra ora si intesta il merito della marcia indietro: “Lo ‘sbandamento‘ di ieri del Governo sul cuneo contributivo in Manovra, con l’ipotesi di una forte riduzione dei tagli tra 15 e 35mila euro di reddito, non ci è piaciuto per niente. La questione, ora rientrata e tornata alla formula del 2023 grazie all’intervento diretto della Cisl, desta comunque preoccupazione“. Dal ministero dell’Economia e dal titolare Giancarlo Giorgetti non è arrivato al momento alcun commento ufficiale al surreale testacoda.