Lo scioglimento della calotta glaciale nell’Antartide occidentale è inevitabile? Pare proprio di sì. Un studio pubblicato su Nature Climate Change suggerisce che il collasso della calotta glaciale dell’Antartide occidentale rappresenta un preoccupante punto di svolta climatica, con il potenziale di innalzare il livello globale del mare fino a 5,3 metri. E anche nella migliore delle ipotesi di riduzione delle emissioni da combustibili fossili, l’oceano continuerà a riscaldarsi e le piattaforme di ghiaccio subiranno un “diffuso aumento” dello scioglimento.
Gli scienziati ritengono che il rapido riscaldamento degli oceani, a un tasso circa triplo rispetto a quello storico, è probabile che si verifichi nel corso del XXI secolo, con un aumento diffuso dello scioglimento dei ghiacciai, anche in regioni cruciali per la stabilità della calotta glaciale. Se si considera la variabilità climatica interna, non vi sono differenze significative tra gli scenari di emissioni a medio raggio e gli obiettivi più ambiziosi dell’Accordo di Parigi. Questi risultati suggeriscono, spiegano i ricercatori, che la mitigazione dei gas serra ha oggi un potere limitato nel prevenire il riscaldamento degli oceani che potrebbe portare al collasso della calotta antartica occidentale.
In base agli andamenti attuali, il clima della Terra potrebbe raggiungere temperature che erano tipiche del periodo compreso tra 34 e 14 milioni di anni fa, tra i 3 ed i 7 gradi più alte di quelle attuali come si legge in un altro studio pubblicato su Nature Communications. Comprendere come è cambiata la calotta glaciale antartica in quel periodo, può quindi aiutare a capire come potrebbe evolversi in futuro a causa dei cambiamenti climatici: un’informazione fondamentale, come sostengono i ricercatori guidati da Stewart Jamieson e Neil Ross, dal momento che lo scioglimento totale della calotta glaciale antartica potrebbe appunto far innalzare i mari. Gli autori dello studio hanno usato satelliti e radar per scoprire cosa c’è sotto i ghiacci della parte orientale, in corrispondenza dei bacini Aurora-Schmidt, nell’entroterra rispetto ai ghiacciai Denman e Totten. Hanno così scoperto un paesaggio costituito da tre principali blocchi montuosi scavati da fiumi e separati da ripidi avvallamenti, formatisi prima che il continente venisse ricoperto dal ghiaccio. Nonostante periodi intermedi più caldi, i ghiacci nella regione sono rimasti sostanzialmente stabili per milioni di anni, una condizione che adesso potrebbe cambiare.