Ha ricevuto molte critiche, anche dal mondo ambientalista, la decisione di Greta Thunberg di dedicare un post in aperta difesa di Gaza e dei palestinesi sotto attacco israeliano. Il post, in realtà, così recitava: “Il mondo deve parlare apertamente e chiedere un cessate il fuoco immediato, giustizia e libertà per i palestinesi e tutti i civili colpiti”. Quindi anche i civili israeliani. C’è stata inoltre un’ulteriore polemica, sollevata guarda caso dai nostri giornali di destra, sempre critici verso Greta anche con toni maschilisti e paternalistici, per un peluche a forma di polpo che sarebbe un simbolo antisemita. Greta lo ha tolto, spiegando che si trattava in realtà di un pupazzo che funge da supporto emotivo nel caso delle persone autistiche. E che nulla c’entrava l’antisemitismo. Ma le critiche, come dicevo, sono venute anche dal mondo ecologista, che ha accusato Greta di tradire, schierandosi, la causa ambientalista.
In questo post non intendo argomentare se Greta abbia fatto bene o meno a schierarsi a favore di Gaza. Intendo argomentare invece a favore del suo diritto di schierarsi. Perché un attivista ambientale non è una persona priva di idee politiche. Ha diritto e forse anche il dovere di esprimerle. Sarebbe assurdo che gli attivisti potessero parlare solo di clima. Sarebbe assurdo che invece non decidessero di stare dalla parte dei più deboli, qualora come in questo caso li ritenessero tali, così come intervenire nelle questioni anche sociali del nostro tempo. Non si tratta di diventare tuttologi, né di tradire una vocazione. Ma chi fa attivismo è una persona impegnata e questo impegno può manifestarsi su vari fronti.
C’è poi un secondo motivo per cui Greta ha fatto bene a schierarsi. Occorre davvero spazzare via l’equivoco per ci si possa battere delle questioni ecologiche senza battersi al tempo stesso per quelle sociali. Giustizia climatica e giustizia sociale sono due facce della stessa medaglia e sempre più il mondo dell’attivismo ne è consapevole. Come recitava un cartello molto ripreso nella piazza degli scioperi ambientali, “senza lotta di classe l’ambientalismo è giardinaggio”. Mi è capitato di recente di intervistare un professore giapponese, Kohei Saito, che ha fatto una rilettura di Marx in senso ecologista. E lui sostiene che il movimento dei lavoratori e quello ambientale debbano andare assolutamente di pari passo, uniti nella comune lotta contro il capitalismo globalizzato che sta distruggendo il mondo. A livello sociale e ambientale. Rosso e verde sono due colori che vanno uniti.
Altrimenti cosa ci resta? Un ambientalismo da ricchi, radical chic come dicono gli oppositori, appunto, elitario, che spinge la gente a diventare antiecologista e spostarci a destra. Oppure la chimera della crescita verde, che in realtà non è sostenibile perché la crescita di per sé distrugge il pianeta.
Da tempo Greta si sta aprendo ad altre istanze, come il suo movimento. E non può certo stare a guardare di fronte a guerre planetarie devastanti, a migliaia di bambini uccisi. Non è che poiché è ambientalista allora può occuparsi di guerra solo dal punto di vista delle emissioni emesse. O che debba tacere, perché non è un suo argomento. E’ assurdo. Greta interviene perché la sua voce conta ed è importante che dica la sua – peraltro lo fa con molta attenzione e centellinando gli interventi – su questo conflitto, prendendo posizione. Che venga bandita dalle scuole di Israele è ridicolo, se non fosse veramente tragico. E non credo che per lei questa decisione sia qualcosa di indifferente. Ma se ne fa carico. Come si fa carico del resto.
Anche per questo dobbiamo esserle grati. D’altronde, nel mondo ci sono i peggiori e i migliori. E lei fa parte senz’altro, insieme a tutti i giovani attivisti ambientali, sociali, politici, insieme a tutti i giovani che mettono a rischio la propria vita, dei migliori. Dittatori, criminali, politici corrotti ma anche, sia pur scendendo nella gravità, giornalisti dinosauri, intrisi di patriarcato, maschilismo, arroganza sono invece, senz’altro, dalla parte dei peggiori. La cosa migliore è ignorarli, e continuare ad agire, prendere posizione, gridare i propri valori. Che risplendono di luce, in questo momento in cui il mondo è sprofondato nel buio.