I 3 miliardi di euro in più alla sanità assorbiti quasi esclusivamente dal rinnovo dei contratti del personale. Poi, negli anni a seguire, nessun rilancio del finanziamento pubblico. E anche sulle liste di attesa le misure sono insufficienti, si appoggiano sul “collo di bottiglia” dei medici e su maggiori soldi ai privati quando invece servirebbero “coraggiose riforme”. La Fondazione Gimbe stronca gli annunci del governo Meloni riguardo a maggiori investimenti nel servizio sanitario nazionale analizzando la bozza della legge di Bilancio. Ne viene fuori una sostanziale bocciatura rispetto ai proclami e nessun reale rilancio delle capacità di spesa.

Il Fabbisogno sanitario nazionale viene incrementato di 3 miliardi di euro nel 2024, un miliardo in più nell’anno successivo e altri 200 milioni vengono aggiunti per il 2026. Nel triennio, quindi, il Fsn salirà da 134 a 135,5 miliardi. Pur avendo “soddisfatto quasi interamente le richieste delle Regioni e del ministro Schillaci” che chiedevano un aumento di 4 miliardi, commenta il presidente di Gimbe Nino Cartabellotta, la realtà è meno soddisfacente: “Di fatto, 2,4 miliardi dovrebbero essere destinati ai rinnovi contrattuali 2022-2024 del personale dipendente e convenzionato, lasciando ben poche risorse per le altre priorità – spiega – Soprattutto la Manovra non lascia affatto intravedere un progressivo rilancio del finanziamento pubblico”.

Dopo il balzo in alto del 2024, infatti, “tornano le cifre da ‘manutenzione ordinaria’ con incrementi talmente esigui che nel 2025 e nel 2026 che non copriranno nemmeno gli aumenti legati all’inflazione”. In altri termini: “L’aumento del fabbisogno sanitario nazionale disposto dalla legge di Bilancio 2024 sostanzialmente conferma le stime della Nadef 2023 sulla spesa sanitaria che per il triennio 2024-2026 prevedevano una progressiva riduzione del rapporto tra spesa sanitaria e pil, che precipita nel 2026 al 6,1%”. Tra le misure previste c’è il rinnovo contratti dirigenza medica e sanitaria e comparto sanità che andranno ad assorbire – secondo quanto dichiarato dal ministro Schillaci in Senato – circa 2,4 miliardi di euro “ovvero l’80% dell’incremento” del fondo per il 2024.

“Anche se numerose cifre non sono espressamente definite – commenta il presidente – l’incremento di 3 miliardi non sembra essere sufficiente per coprire i costi di tutte le misure previste dalla Manovra”. E rispetto al personale sanitario, il rinnovo contrattuale è “una misura necessaria, ma non sufficiente, per risolvere la grave carenza di personale sanitario, in particolare di infermieri e varie specialità mediche”. Solo dal 2025, la bozza prevede “esigue risorse destinate alle nuove assunzioni e, soprattutto, non programma la graduale abolizione del tetto di spesa sul personale sanitario”.

Per quanto riguarda l’abbattimento delle liste di attesa, sono tre le misure previste: il rifinanziamento dei Piani operativi regionali per l’abbattimento delle liste d’attesa per il quale la bozza “non indica la cifra, ma fa riferimento ad una quota non superiore allo 0,4% del finanziamento” che corrisponderebbe a circa 520 milioni; gli incrementi delle tariffe orarie delle prestazioni aggiuntive di medici e personale sanitario del comparto con uno stanziamento di 280 milioni per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026; l’aggiornamento del tetto di spesa per gli acquisti di prestazioni sanitarie da privati. “La bozza della Manovra non indica la cifra, ma indica un incremento della spesa consuntivata nel 2011 dell’1% per il 2024, del 3% per il 2025 e del 4% a decorrere dal 2026″, spiega Gimbe. “È necessario sottolineare – rimarca Cartabellotta – che tutte le misure sono a valere sul fabbisogno sanitario nazionale, ovvero rappresentano solo indicazioni di spesa per le Regioni nell’ambito del finanziamento assegnato, ma non costituiscono risorse aggiuntive”.

La Manovra, insiste il presidente della Fondazione, “propone misure per ‘risolvere i sintomi, senza curare la malattia’, che appaiono insufficienti per tre ragioni”. Nel dettaglio: “Non s’intravedono coraggiose riforme per monitorare e ridurre l’inappropriatezza delle prescrizioni mediche. In secondo luogo, si potenzia l’offerta con interventi dove il ‘collo di bottiglia’ sono sempre i professionisti sanitari: rifinanziamento dei Piani operativi regionali per il recupero delle liste di attesa, incentivi economici a medici e infermieri già allo stremo per carenza degli organici e peggioramento delle condizioni lavorative, innalzamento del tetto di spesa per gli acquisti di prestazioni dal privato”. Soprattutto, sottolinea Cartabellotta, “non c’è alcun richiamo all’inderogabile aggiornamento del Piano nazionale governo liste di attesa, scaduto nel 2021”.

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