Armenia e Azerbaigian sono prossime a un accordo di pace. Lo ha reso noto il premier armeno, Nikol Pashinian, in un intervento durante il forum internazionale della Via della seta a Tblisi, in Georgia, esprimendo la speranza di firmare un accordo di pace con un ripristino delle relazioni diplomatiche con Baku “nei prossimi mesi”. A poco più di trenta giorni dall’operazione militare con cui l’Azerbaigian ha colpito l’enclave armeno del Nagorno–Karabakh, segnando la fine dell’autoproclamata Repubblica dell’Artsakh e spingendo oltre 1000mila cittadini di etnia armena a lasciare l’enclave, la crisi nella regione transcaucasica si sposta ora sul fronte diplomatico. L’accordo dovrebbe essere raggiunto entro la fine dell’anno.
“Abbiamo anche raggiunto un accordo secondo cui Armenia e Azerbaigian delimiteranno i confini sulla base della Dichiarazione di Alma-Ata del 1991“, ha spiegato il premier, facendo riferimento ai protocolli fondanti della Comunità degli Stati indipendenti, di cui le due nazioni fanno parte insieme ad altre sette ex repubbliche sovietiche. Con la disfatta dei separatisti di Stepanakert e la promessa di una pace, Baku ed Erevan provano così a mettere da parte decenni di tensioni, che le hanno viste contendersi la zona montuosa del Nagorno-Karabakh in due conflitti armati: uno tra il 1998 e il 1994 e il secondo nel 2020 in una guerra lampo di 44 giorni con cui l’Azerbaigian ha ripreso la regione del Karabakh e sette distretti persi durante la prima disputa.
Anche a fronte di un accordo di pace, per l’Armenia rimane da affrontare la crisi umanitaria che l’ultimo scontro con Baku ha portato. Secondo l’Unicef, un bambino su tre dei rifugiati arrivati dall’enclave non frequenta la scuola. Come loro anche gli altri minori rifugiati arrivati in Armenia negli ultimi anni, che secondo quanto denuncia l’organizzazione non ha un accesso continuo a un’istruzione di qualità. “L’accesso all’istruzione fornisce ai bambini rifugiati la struttura e il sostegno necessari per aiutarli a superare le loro esperienze”, ha detto a proposito Christine Weigand, rappresentante dell’Unicef nel Paese.