Luigi Daga “si impegnò per restringere la carcerazione ai delitti gravi, per offrire l’opportunità di reinserimento sociale dei detenuti attraverso il più ampio ricorso alle misure alternative alla detenzione”. È un passaggio della nota del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in ricordo del magistrato morto dopo un attentato in Egitto esattamente 30 anni fa. Il Capo dello Stato sottolinea l’impegno di Daga, giudice in servizio presso l’amministrazione penitenziaria del ministero di Giustizia, proprio all’indomani del tentato blitz di Fratelli d’Italia, che vuole aumentare le pene in materia di stupefacenti escludendo l’attenuante della “lieve entità. Mattarella, cogliendo l’occasione della commemorazione di Daga, lancia un monito chiaro: “Il suo insegnamento umano e professionale di fedele servitore della Repubblica rimane prezioso per rendere coerente il nostro sistema penitenziario coi principi costituzionali“.

L’ambito è quello della discussione del decreto Caivano in corso nelle commissioni Affari costituzionali e Giustizia al Senato. Il governo di Giorgia Meloni aveva espresso parere favorevole a un emendamento di FdI (primo firmatario Marco Lisei) che escludeva appunto l’attenuante della “lieve entità” dalla cessione di stupefacenti se avviene un qualsiasi passaggio di denaro. L’emendamento avrebbe avuto l’effetto che anche per una piccolissima cessione di cannabis dietro compenso sarebbe scattato il carcere da sei a vent’anni, mentre l’attuale Testo unico sugli stupefacenti (DpR 309/1990) prevede pene molto inferiori quando il fatto è “di lieve entità”: carcere da sei mesi a cinque anni o multa da 1.032 a 10.329 euro. Dopo le proteste sdegnate dell’opposizione, il ministero per i Rapporti con il Parlamento ha subordinato il proprio parere favorevole a una riformulazione della proposta, rendendola meno impattante: si prevede un aumento della pena minima per i fatti di lieve entità, che passa a 18 mesi e 2.500 euro di multa “quando la condotta assume caratteri di non occasionalità“.

È in questo contesto, all’indomani del tentato blitz, che arrivano le parole di Mattarella. “Magistrato dotato di eccellenti capacità e di non comuni doti umane, Luigi Daga ha esercitato in modo esemplare la funzione giurisdizionale, al servizio del Paese”, ha scritto il Capo dello Stato. Poi il passaggio cruciale: “Profondo conoscitore dell’amministrazione penitenziaria e precursore di metodi innovativi nello studio del nostro sistema punitivo, si impegnò per restringere la carcerazione ai delitti gravi, per offrire l’opportunità di reinserimento sociale dei detenuti attraverso il più ampio ricorso alle misure alternative alla detenzione”. Un riferimento che può andare oltre il caso specifico del dl Caivano. L’orientamento in merito del governo Meloni d’altronde è stato chiaro fin dal decreto Rave, uno dei primi provvedimenti del nuovo esecutivo che ha introdotto un nuovo reato punibile con la reclusione da tre a sei anni. Per ultimo, lo stesso decreto Caivano prevede anche il carcere più facile per minori.

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