Il taglio del cuneo prorogato anche per il 2024 dal governo Meloni non avrà effetti sulle tredicesime. La riduzione dei contributi previdenziali a carico del lavoratore rimane di 7 punti per chi ha una retribuzione imponibile sotto i 25mila euro annui, pari a 1.923 mensili, e 6 punti fino a 35mila euro lordi, cioè 2.692 euro, sempre al netto della tredicesima. Quest’anno invece le tredicesime godono del taglio anche se ridotto, rispettivamente di 3 e 2 punti.
La misura vale come è noto al massimo un centinaio di euro in più al mese in corrispondenza dei 35mila euro lordi, cifra che cala a una sessantina di euro per chi ha una retribuzione lorda di 15mila. L’anno prossimo al taglio si sommerà l’unificazione al 23% delle prime due aliquote Irpef, con vantaggi massimi di 260 euro al mese per chi guadagna almeno 28mila euro lordi. Per i redditi oltre i 50mila euro il vantaggio dovrebbe essere sterilizzato attraverso una riduzione di 260 euro delle detrazioni che quei contribuenti potranno chiedere per mutui e altri oneri detraibili al 19%, con l’eccezione delle spese sanitarie, per erogazioni liberali a onlus e partiti nonché per premi di assicurazione contro le calamità. In realtà chi ha redditi molto alti ma detrae solo spese sanitarie in realtà godrà appieno gli effetti dell’allargamento del secondo scaglione incassando 260 euro di aumento netto annuo.