Si è chiusa 52 (per il cda uscente) a 48 (per gli eredi Del Vecchio) la partita per il rinnovo del consiglio di amministrazione di Mediobanca che sarà quindi composto da 12 consiglieri scelti dal vertice uscente, 2 dal primo azionista Delfin e 1 da Assogestioni. A votare a favore della lista del board il 52,60% dell’azionariato presente, equivalente al 40,4% del capitale sociale, mentre per gli eredi Del Vecchio ha votato il 41,74% dei presenti pari al 32,06% del capitale in un’assemblea dall’affluenza straordinaria visto che ha partecipato il 76,8% degli azionisti di Piazzetta Cuccia.
Decisivo il voto degli investitori istituzionali, che detengono il 45% del capitale di Mediobanca, molti dei quali, nei giorni scorsi avevano annunciato il loro voto a favore del cda, sulla scia dei pareri de proxy advisor. Favorevole, tra gli altri, la Edizione della famiglia Benetton che, con il suo 2,2% del capitale, si era schierata nei giorni scorsi a favore del cda. “Ci aspettavamo un supporto forte, ma questo è andato al di là delle nostre migliori previsioni, il che vuol dire c’è stato un apprezzamento generale sia per la nostra proposta di governance sia per quella industriale”, ha detto l’amministratore delegato Alberto Nagel che inizia il suo quarto mandato alla guida dell’istituto. “Forti di questo sostegno – ha rimarcato Nagel – continueremo sulla nostra strada, essendo sempre aperti al dialogo e alle proposte che vengono da tutti gli azionisti e, in particolare, dagli azionisti più importanti”.
Dal canto loro fonti vicine a Delfin fanno sapere che “il cda potrà contare sul pieno sostegno di risorse di alto profilo, per la prima volta indipendenti, e in grado di offrire il proprio contributo al rinnovamento della banca, supportandola nella realizzazione degli obiettivi previsti nel piano strategico”.
Nel corso dell’assise Nagel non ha chiuso al voto su ogni singolo nome di una lista del cda piuttosto che il voto in blocco. “È a vantaggio vostro che ci sia una competizione fra liste o meglio che ci sia la possibilità di competere. Cosa vuol dire competere? Che ci può essere una lista di un azionista o di un altro azionista e ci può essere la lista del consiglio. Nessuna di queste per definizione è migliore, è migliore teoricamente quella che viene più votata. Se viene fatta bene la lista del consiglio tutela di più gli azionisti perché è fatta guardando il 100%”, ha premesso rispondendo alle domande in assemblea.
“Poi ci possono essere derivanti negative: l’autoreferenzialità, l’autoperpetuazione del management. Come si risolve? Innanzitutto con una modifica che è quella di votare ogni singolo nome perché oggi invece si vota in blocco. E poi stimolando l’engagement con i soci perché se una lista non è buona i soci non la votano”, ha aggiunto. L’ad ha inoltre precisato che la banca non ha intenzione di vendere la propria partecipazione nelle Generali, “a meno che non ci siano alternative migliori”.