Il 30 settembre scorso, in quel di Verona, si è tenuto un convegno delle quindici diocesi del Nord Est cui hanno preso parte 750 rappresentanti, inviati – come usa dire in questi casi – dal “territorio”, vale a dire dalle parrocchie. Tutti convocati a dibattere un tema di scottante attualità per la Chiesa Cattolica italiana: quello del drastico calo di frequentazioni alle messe domenicali registratosi dall’inizio del nuovo millennio ad oggi e vieppiù accelerato durante la (o per effetto della) pandemia.
Il titolo del raduno non va sottovalutato, perché rappresenta, probabilmente, una delle chiavi per comprendere, se non proprio per risolvere, la questione: “Ritrovare forza dall’Eucaristia”. Dal 2011 al 2023, i praticanti assidui fra i teenager sono passati dal 37 al 12 per cento nella fascia ricompresa tra i 14 e i 17 anni e dal 23 all’8 per cento nella fascia compresa tra i 18 e i 19 anni. Tutto ciò in un contesto in cui chi va a messa almeno una volta alla settimana è sostanzialmente un cristiano su cinque (intorno al 19 per cento dei battezzati) con una riduzione di un terzo dei praticanti nell’ultimo ventennio.
Se non sono dati da allarme rosso, poco ci manca. Ora, guardando all’evento di Verona, esso potrebbe segnalare una precisa presa di coscienza, sia del clero sia dei laici, di una vera e propria emorragia di partecipanti alle celebrazioni settimanali e delle feste comandate. Se, invece, ci fermiamo all’immagine che il papato offre oggi di sé a livello mediatico, c’è qualcosa che stride, a partire proprio dalla sommità del “cupolone”. Infatti, non c’è mai stato un pontefice – negli ultimi due secoli, se non proprio nell’intera storia bimillenaria del Vaticano – che abbia goduto di un consenso altrettanto esteso, convinto (e persino commovente, per certi versi) ad opera del “mondo”. Dove per “mondo” intendiamo i settori di società civile e politica dichiaratamente laica, non religiosa e aconfessionale; ma anche e soprattutto, i suoi multiformi, variegati e penetranti canali di informazione, tradizionali o digitali che siano.
Insomma, e altrimenti detto: Papa Bergoglio gode di un’ottima “stampa” ed è oggetto di una stima e di un apprezzamento pressoché trasversali e universali da parte di ogni schieramento partitico e di ogni versante ideologico. È davvero un papa che piace, specialmente alla “gente che piace”. Ma se così è, se abbiamo un Santo Padre così “pop” (nel senso rispettabilissimo di “popolare”), perché le chiese si svuotano? Azzardo due risposte tra le mille possibili, stante la complessità e vastità di un tema “colossale”.
La prima è che la Chiesa si è fatta sempre più attenta alle questioni sociali più gettonate dell’attualità e sempre meno alle faccende “ultime”, a-temporali, della vita e della morte; in ispecie, della vita dopo la morte. È come se il papa, i vescovi e i preti avessero (in larga misura) dimenticato la loro missione-vocazione principe: quella di indicare ai fedeli il traguardo della salvezza non solo in “questo” mondo (da una malattia o da una crisi climatica), ma anche nel “mondo” che verrà (dalla dannazione eterna o anche soltanto dell’annichilimento esistenziale). Siamo di fronte a una sorta di amnesia del Vangelo inteso come “buona novella”, che è prima di tutto un messaggio di salvazione veicolato dalla “resurrezione” dai morti del Dio-uomo fatto carne. Questa è la speranza di cui i cristiani non sentono (quasi) più parlare né dai pulpiti delle loro parrocchie né dalla balconata di San Pietro.
E poi c’è il secondo aspetto, strettamente connesso al primo, che ha a che fare con la celebrazione della “eucaristia”, cioè con la messa. Chi ancora vi partecipa potrà confermarlo: le mosse odierne sono state trasformate in un rito noioso, verboso e stucchevole. Un rito composto di tralatizie formule meccanicamente ripetute e di sgradevoli “contributi” extra. Le (non di rado) patetiche canzonette che vi si strimpellano e le improbabili “simbologie” che vi si praticano (inventate e proposte, di volta in volta, da qualche laico zelante) sono una parte non secondaria del problema. Le messe attuali hanno perso quasi completamente l’alone “misterico” e fascinoso, l’afflato “iniziatico”, la dimensione “incomprensibile” da cui ogni culto dovrebbe essere innervato per non ridursi a una corografia umana, troppo umana. Il rito antico della messa cattolica (il vetus ordo) poteva vantare forse ciò che questo ha perduto. E il nuovo rito, introdotto dopo il Concilio Vaticano II, ha avuto solo il merito di accompagnare il gregge dei fedeli (o quantomeno la stragrande maggioranza di essi) fuori dai “recinti” delle chiese, magari per cercare altrove ciò che dentro più non si trovava.
Tornando da dove siamo partiti, è proprio questa la ragione per cui il convegno di Verona (intitolato “Ritrovare forza dall’Eucaristia”) ha, a parer mio, centrato il punto nevralgico da cui muovere: il recupero della Fede, attraverso un Rito rettamente inteso e degnamente celebrato.
www.francescocarraro.com
Francesco Carraro
Avvocato e scrittore
Società - 29 Ottobre 2023
Ritrovare forza dall’Eucaristia: un convegno di diocesi per fermare l’emorragia di fedeli
Il 30 settembre scorso, in quel di Verona, si è tenuto un convegno delle quindici diocesi del Nord Est cui hanno preso parte 750 rappresentanti, inviati – come usa dire in questi casi – dal “territorio”, vale a dire dalle parrocchie. Tutti convocati a dibattere un tema di scottante attualità per la Chiesa Cattolica italiana: quello del drastico calo di frequentazioni alle messe domenicali registratosi dall’inizio del nuovo millennio ad oggi e vieppiù accelerato durante la (o per effetto della) pandemia.
Il titolo del raduno non va sottovalutato, perché rappresenta, probabilmente, una delle chiavi per comprendere, se non proprio per risolvere, la questione: “Ritrovare forza dall’Eucaristia”. Dal 2011 al 2023, i praticanti assidui fra i teenager sono passati dal 37 al 12 per cento nella fascia ricompresa tra i 14 e i 17 anni e dal 23 all’8 per cento nella fascia compresa tra i 18 e i 19 anni. Tutto ciò in un contesto in cui chi va a messa almeno una volta alla settimana è sostanzialmente un cristiano su cinque (intorno al 19 per cento dei battezzati) con una riduzione di un terzo dei praticanti nell’ultimo ventennio.
Se non sono dati da allarme rosso, poco ci manca. Ora, guardando all’evento di Verona, esso potrebbe segnalare una precisa presa di coscienza, sia del clero sia dei laici, di una vera e propria emorragia di partecipanti alle celebrazioni settimanali e delle feste comandate. Se, invece, ci fermiamo all’immagine che il papato offre oggi di sé a livello mediatico, c’è qualcosa che stride, a partire proprio dalla sommità del “cupolone”. Infatti, non c’è mai stato un pontefice – negli ultimi due secoli, se non proprio nell’intera storia bimillenaria del Vaticano – che abbia goduto di un consenso altrettanto esteso, convinto (e persino commovente, per certi versi) ad opera del “mondo”. Dove per “mondo” intendiamo i settori di società civile e politica dichiaratamente laica, non religiosa e aconfessionale; ma anche e soprattutto, i suoi multiformi, variegati e penetranti canali di informazione, tradizionali o digitali che siano.
Insomma, e altrimenti detto: Papa Bergoglio gode di un’ottima “stampa” ed è oggetto di una stima e di un apprezzamento pressoché trasversali e universali da parte di ogni schieramento partitico e di ogni versante ideologico. È davvero un papa che piace, specialmente alla “gente che piace”. Ma se così è, se abbiamo un Santo Padre così “pop” (nel senso rispettabilissimo di “popolare”), perché le chiese si svuotano? Azzardo due risposte tra le mille possibili, stante la complessità e vastità di un tema “colossale”.
La prima è che la Chiesa si è fatta sempre più attenta alle questioni sociali più gettonate dell’attualità e sempre meno alle faccende “ultime”, a-temporali, della vita e della morte; in ispecie, della vita dopo la morte. È come se il papa, i vescovi e i preti avessero (in larga misura) dimenticato la loro missione-vocazione principe: quella di indicare ai fedeli il traguardo della salvezza non solo in “questo” mondo (da una malattia o da una crisi climatica), ma anche nel “mondo” che verrà (dalla dannazione eterna o anche soltanto dell’annichilimento esistenziale). Siamo di fronte a una sorta di amnesia del Vangelo inteso come “buona novella”, che è prima di tutto un messaggio di salvazione veicolato dalla “resurrezione” dai morti del Dio-uomo fatto carne. Questa è la speranza di cui i cristiani non sentono (quasi) più parlare né dai pulpiti delle loro parrocchie né dalla balconata di San Pietro.
E poi c’è il secondo aspetto, strettamente connesso al primo, che ha a che fare con la celebrazione della “eucaristia”, cioè con la messa. Chi ancora vi partecipa potrà confermarlo: le mosse odierne sono state trasformate in un rito noioso, verboso e stucchevole. Un rito composto di tralatizie formule meccanicamente ripetute e di sgradevoli “contributi” extra. Le (non di rado) patetiche canzonette che vi si strimpellano e le improbabili “simbologie” che vi si praticano (inventate e proposte, di volta in volta, da qualche laico zelante) sono una parte non secondaria del problema. Le messe attuali hanno perso quasi completamente l’alone “misterico” e fascinoso, l’afflato “iniziatico”, la dimensione “incomprensibile” da cui ogni culto dovrebbe essere innervato per non ridursi a una corografia umana, troppo umana. Il rito antico della messa cattolica (il vetus ordo) poteva vantare forse ciò che questo ha perduto. E il nuovo rito, introdotto dopo il Concilio Vaticano II, ha avuto solo il merito di accompagnare il gregge dei fedeli (o quantomeno la stragrande maggioranza di essi) fuori dai “recinti” delle chiese, magari per cercare altrove ciò che dentro più non si trovava.
Tornando da dove siamo partiti, è proprio questa la ragione per cui il convegno di Verona (intitolato “Ritrovare forza dall’Eucaristia”) ha, a parer mio, centrato il punto nevralgico da cui muovere: il recupero della Fede, attraverso un Rito rettamente inteso e degnamente celebrato.
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Le condizioni di Papa Francesco si sono aggravate: “Crisi respiratoria e anemia, sono state necessarie trasfusioni e ossigeno”. I medici: “Prognosi riservata”
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(Adnkronos) - Papa Francesco "è in prognosi riservata". Lo fa sapere oggi, 22 febbraio, il Vaticano, con un aggiornamento sulle condizioni del Pontefice 88enne,ricoverato dal 14 febbraio al Gemelli per una polmonite bilaterale. "Le condizioni del Santo Padre continuano a essere critiche, pertanto, come spiegato ieri, il Papa non è fuori pericolo". "Questa mattina Papa Francesco ha presentato una crisi respiratoria asmatiforme di entità prolungata nel tempo, che ha richiesto anche l'applicazione di ossigeno ad alti flussi".
"Gli esami del sangue odierni hanno, inoltre, evidenziato una piastrinopenia associata a un'anemia, che ha richiesto la somministrazione di emotrasfusioni. Il Santo Padre continua a essere vigile e ha trascorso la giornata in poltrona anche se più sofferente rispetto a ieri", aggiunge il Vaticano.
Nel bollettino, diramato dal Vaticano, vengono evidenziate delle criticità della salute di Bergoglio che ancora non erano mai apparse in quelli precedenti.
Il bollettino medico di questa sera di Papa Francesco, dice all'Adnkronos Salute, del virologo Fabrizio Pregliasco, "mette in luce un percorso non piacevole che evidenzia le difficoltà di reazione del paziente alla terapia. E ci preoccupa un po', soprattutto perché non c'è solo la polmonite, da quello che ci viene riferito, ma anche questi problemi di bronchite asmatica di cui già soffriva e che in questo momento non aiutano a migliorare le condizioni del polmone".
"È chiaro che in una persona dell'età del Pontefice, con le sue problematiche di salute di base, gli elementi riferiti oggi - la lunga crisi respiratoria di questa mattina e la piastrinopenia, associata ad un'anemia - non evidenziano un percorso di stabilizzazione e guarigione. Per questo motivo i medici hanno parlato di prognosi riservata. Ci auguriamo che Pontefice superi presto questo delicato momento" conclude Pregliasco.
(Adnkronos) - Papa Francesco "è in prognosi riservata". Lo fa sapere oggi, 22 febbraio, il Vaticano, con un aggiornamento sulle condizioni del Pontefice 88enne,ricoverato dal 14 febbraio al Gemelli per una polmonite bilaterale. "Le condizioni del Santo Padre continuano a essere critiche, pertanto, come spiegato ieri, il Papa non è fuori pericolo". "Questa mattina Papa Francesco ha presentato una crisi respiratoria asmatiforme di entità prolungata nel tempo, che ha richiesto anche l'applicazione di ossigeno ad alti flussi".
"Gli esami del sangue odierni hanno, inoltre, evidenziato una piastrinopenia associata a un'anemia, che ha richiesto la somministrazione di emotrasfusioni. Il Santo Padre continua a essere vigile e ha trascorso la giornata in poltrona anche se più sofferente rispetto a ieri", aggiunge il Vaticano.
Nel bollettino, diramato dal Vaticano, vengono evidenziate delle criticità della salute di Bergoglio che ancora non erano mai apparse in quelli precedenti.
Il bollettino medico di questa sera di Papa Francesco, dice all'Adnkronos Salute, del virologo Fabrizio Pregliasco, "mette in luce un percorso non piacevole che evidenzia le difficoltà di reazione del paziente alla terapia. E ci preoccupa un po', soprattutto perché non c'è solo la polmonite, da quello che ci viene riferito, ma anche questi problemi di bronchite asmatica di cui già soffriva e che in questo momento non aiutano a migliorare le condizioni del polmone".
"È chiaro che in una persona dell'età del Pontefice, con le sue problematiche di salute di base, gli elementi riferiti oggi - la lunga crisi respiratoria di questa mattina e la piastrinopenia, associata ad un'anemia - non evidenziano un percorso di stabilizzazione e guarigione. Per questo motivo i medici hanno parlato di prognosi riservata. Ci auguriamo che Pontefice superi presto questo delicato momento" conclude Pregliasco.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Meloni viene da una storia politica, a differenza di quella liberale e radicale, che non ha considerato nei decenni gli Usa e l’atlantismo come imprescindibili per l’Italia e l’Europa". Lo scrive Benedetto Della Vedova sui social.
"Oggi la troviamo nel suo intervento alla Cpac, come zelante difensore dell’indifendibile, cioè di Trump. Trump ha sempre sostenuto anche nel suo primo mandato, falsando la realtà, che l’Unione europea fosse stata creata per approfittare degli Usa. Con lui bisognerà fare i conti, naturalmente, ma Trump non è stato e non sarà amico della Ue e men che meno dell’Ucraina che è pronto a sacrificare per l’amicizia con Putin: Meloni se ne faccia una ragione, non può essere contemporaneamente amica di Trump e della Ue, deve scegliere".
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Un trionfo di vittimismo su scala planetaria. A servizio dei potenti, altro che popolo! Meloni con il suo intervento alla Cpac in corso a Washington ha fatto una scelta di campo, contro l’Europa. Forse persegue il suo interesse politico, ma non è l’interesse nazionale". Lo scrive sui social Peppe Provenzano, responsabile Esteri del Pd.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Sorprende che nessuno di La 7 prenda le distanze dall’orribile auspicio che Salvini venga colpito da un ictus. L’alibi della trasmissione satirica non assolve autori, ospiti, dirigenti ed editori. Purtroppo, troppe trasmissioni di La 7 e di Rai 3 istigano all’odio e avvelenano il clima del Paese. Editori, dirigenti, odiatori chiederanno scusa pubblicamente?”. Lo dichiarano i Capigruppo di Forza Italia alla Camera e al Senato, Paolo Barelli e Maurizio Gasparri.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Neanche un accenno al saluto nazista di Bannon. Nessuna presa di distanze. Evidentemente non può farlo. Meglio la retorica melensa e consueta dell’approccio Maga. Sposa su tutta la linea ideologica la retorica di JD Vance a Monaco, e chiude la porta ad una reale soggettività europea. Un discorso furbesco e ambiguo, di chi ha scelto di galleggiare e che posiziona il governo italiano sulla linea Orban con buona pace di tutte le chiacchiere a vuoto sull’ambasciatrice dei due mondi". Lo scrive sui social il senatore Enrico Borghi, capogruppo al Senato di Italia Viva, a proposito dell'intervento di Giorgia Meloni alla Cpac di Washington.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - “Tante bugie, in linea con la propaganda di Meloni. Il suo è il governo delle insicurezze. Sicurezza energetica? Falso. Ha fatto aumentare le bollette, rendendo le famiglie italiane meno sicure e più povere. Sicurezza alimentare? Falso". Così in una nota Angelo Bonelli, deputato di AVS e co-portavoce di Europa Verde.
"Con il suo negazionismo climatico favorisce la crisi dell’agricoltura e il dominio delle grandi multinazionali. Libertà di parola? Falso. Difende il vice di Trump, Vance, che vuole la libertà di diffondere bugie attraverso i social, strumenti nelle mani dei potenti miliardari americani. Difende la democrazia? Falso. È lei che vuole demolire gli organi costituzionali per diventare una e trina: Dio, Patria e Legge. I conservatori del mondo vogliono costruire il nuovo totalitarismo mondiale grazie al potere economico, tecnologico e militare di cui dispongono per trasformare la democrazia in un sottoprodotto commerciale della loro attività”.