In un anno segnato da incendi, inondazioni catastrofiche ed eventi meteorologici devastanti, un team internazionale di scienziati ha aggiornato il suo rapporto del 2019 intitolato World Scientists Warning of a Climate Emergency, sullo stato di salute della Terra che nel tempo è stato sottoscritto da oltre 15.000 scienziati in rappresentanza di 163 paesi e che già allora suonava l’allarme sullo stato di salute del nostro pianeta. Secondo il team, a maggior ragione oggi “la vita sul pianeta Terra è sotto assedio” e “ci troviamo in un territorio inesplorato” con enormi rischi da affrontare.
Pubblicato sulla rivista BioScience (Oxford) , l’articolo di aggiornamento – firmato da William Ripple, professore presso l’Oregon State University (OSU) College of Forestry, e dall’ex ricercatore post-dottorato dell’OSU Christopher Wolf, insieme a 10 coautori – fa il punto sullo stato dei “segni vitali” della Terra, una serie di parametri utilizzati dagli autori per misurare le condizioni ambientali del Pianeta che vanno dalla popolazione umana al livello di sostegno ai combustibili fossili, alle perdite della superficie coperta da foreste. E il quadro che ne emerge è davvero poco incoraggiante: dei 35 segni vitali monitorati dagli autori, 20 sono ora a livelli pericolosamente estremi, uno sviluppo allarmante che si riflette tragicamente sulle stesse condizioni della popolazione umana.
Di particolare preoccupazione, affermano gli autori, è il livello di sussidi ai combustibili fossili che sono raddoppiati fino a oltre 1 trilione di dollari tra il 2021 e il 2021, e gli incendi canadesi che hanno pompato oltre 1 gigatonnellata di carbonio nell’atmosfera quest’anno (le emissioni totali di gas serra del Canada nel 2021 sono state di 0,67 gigatonnellate), nonché il record di 38 giorni con temperature globali registrate superiori ai livelli preindustriali di oltre 1,5 gradi Celsius.
C’è anche motivo di credere, suggeriscono gli autori, che la temperatura superficiale media globale registrata a luglio potrebbe essere stata la più alta mai vista sulla Terra negli ultimi 100.000 anni. Gli autori esprimono preoccupazione anche sui rischi legati al clima per la sicurezza alimentare, sottolineando che circa 735 milioni di persone hanno dovuto affrontare la fame cronica nel 2022, con un aumento di circa 122 milioni rispetto al 2019. Un’incapacità di agire rapidamente, affermano Ripple, Wolf e colleghi, potrebbe comportare che più della metà della popolazione mondiale venga “confinata al di là della regione vivibile” della Terra, soggetta a caldo mortale, disponibilità limitata di cibo e mortalità elevata.
Per evitare questo scenario, raccomandano una transizione economica che dia priorità al soddisfacimento dei bisogni primari di tutte le persone piuttosto che al sostegno del consumo estremo da parte dei ricchi. Gli autori sottolineano inoltre la necessità di giustizia di genere, compreso un maggiore sostegno all’istruzione e ai diritti delle donne e delle ragazze, che può migliorare gli standard di vita e ridurre i tassi di fertilità. Inoltre, chiedono l’eliminazione graduale dei sussidi ai combustibili fossili, la transizione verso diete a base vegetale, una maggiore protezione delle foreste e trattati internazionali volti alla non proliferazione dei combustibili fossili e all’eliminazione della combustione del carbone.
Gli autori sottolineano inoltre che questi sforzi devono essere intrapresi con una chiara attenzione all’equità e alla giustizia sociale, perché i rischi climatici “colpiscono in modo sproporzionato gli individui più poveri del mondo, che, ironicamente, hanno avuto il ruolo minore nel causare questo problema”. Gli autori concludono con un appello urgente all’azione e all’attenzione globale, affermando che “questo è il nostro momento per fare una profonda differenza per tutta la vita sulla Terra, e dobbiamo abbracciarlo con incrollabile coraggio e determinazione per creare un’eredità di cambiamento che perduri nel tempo”.
Gianmarco Pondrano Altavilla