La notizia di un medico che, durante la pandemia, ha lavorato molto oltre il suo orario di lavoro e per questo veniva multato dall’ispettorato sul lavoro è uscita nell’ultimo mese. Su intervento del presidente della Repubblica la multa è stata tolta.

Questa notizia mi ha provocato due diverse reazioni. A livello personale sono solidale con il collega che con abnegazione, in un momento di difficoltà, ha supplito a delle mancanze di organico. In linea generale sono però d’accordo con l’ispettorato del lavoro. Non è giusto che un lavoratore operi per tante ore di straordinario. I motivi sono due. Il primo è che supplisce a una carenza facendo in modo che la dirigenza non assuma mai altro personale. Se infatti tre lavorando oltre le 38 ore contrattuali, casomai facendone 50 alla settimana, dimostrano di farcela, non si assumerà mai il quarto medico. Si rimarrà quindi sempre in cronica carenza di personale. In molti ospedali la pratica di attuare straordinari “ordinariamente” è frequente. Molti colleghi pressati dalla carenza di personale si sottopongono a tour de force per permettere alle sale operatorie di andare avanti o per smaltire liste d’attesa infinite.

Il secondo motivo è che dubito del medico che lavora troppe ore. Le capacità di concentrazione e i riflessi diminuiscono col lavoro. Molti studi dimostrano che chi lavora oltre certi orari è meno reattivo ed efficiente. Meglio non farsi curare da un medico stanco. Gli errori potenziali aumentano. Il rischio che spesso si palesa è di un contenzioso con il paziente che si trova di fronte a un medico stanco e poco lucido che casomai reagisce in malo modo a una frase o a un atteggiamento arrogante. Un paziente che ha atteso ore per essere visitato e un medico stanco sono una miscela potenzialmente esplosiva perché manca la capacità di essere vicendevolmente tolleranti.

Quindi lode al collega che, in un momento di emergenza pandemica, ha operato con abnegazione. Ma attenzione al senso di onnipotenza che può emergere nella professione del medico. Curare e guarire offre adrenalina e fa sentire il medico come se fosse un Dio. In realtà noi medici non siamo onnipotenti e dobbiamo curare – come afferma l’aforisma “medice cura te ipsum” – noi stessi, per poter esercitare al meglio la nostra delicata professione.

Guai inoltre a quel paese che deve avere medici “eroi” per gestire il proprio sistema sanitario. Nella Russia sovietica venne esaltato un minatore di nome Stakhanov, da cui il termine stacanovista, che lavorava molte ore con grande dedizione. La storia ci insegna che il sistema Urss, basandosi su questi principi di aumento del lavoro, è miseramente crollato. Il rischio concreto è che il medico vada incontro al burnout (bruciarsi, scoppiare) per cui mentre inizialmente era animato da spirito altruistico divenga esaurito, cinico e inefficiente. Assistiamo in questi mesi a dimissioni in grande numero dagli ospedali pubblici, soprattutto di medici molto formati ed esperti, esasperati da un modello lavorativo che non accettano più.

Quindi ben venga una riflessione, indotta dalla sanzione dell’ispettorato del lavoro, che porti tutti gli operatori sanitari a pretendere un luogo di lavoro idoneo ove operare con le ore adeguate senza avere sempre l’impellenza dell’emergenza.

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