Una brutta notizia dietro l’altra per l’economia italiana. L’ultima arriva da Federchimica (l’associazione delle industrie chimiche aderente a Confindustria, ndr) che per il 2023 si attende una frenata della produzione del 9%. L’associazione spiega che si tratta di un “pessimo segnale per tutto il sistema economico, sociale e ambientale”. Con un valore della produzione di oltre 66 miliardi di euro nel 2022, la chimica è la quinta industria (dopo alimentare, metalli, meccanica, auto e componentistica) in Italia, con circa 2.800 imprese che occupano oltre 112mila addetti. Nel 2023 il saldo commerciale, pur avendo visto un parziale riassorbimento rispetto ad un 2022 segnato dall’esplosione dei costi energetici, mostra un significativo deterioramento nel confronto con il 2021. Nel 2024 si stima un recupero modesto della produzione chimica in Italia (+1%) e comunque soggetto a rischi al ribasso in relazione all’evolvere dei costi energetici e del quadro economico complessivo.
“Sono oramai due anni che in Europa, e in particolare in Italia, stiamo fronteggiando la più grande crisi energetica dal dopoguerra; ritengo che l’energy crunch a cui stiamo assistendo sia il risultato di una serie di fattori più endogeni che esogeni“, afferma poi il presidente di Federchimica, Francesco Buzzella, nel corso dell’assemblea dell’associazione aggiungendo “Servirà, invece, molto tempo per completare la transizione e nel frattempo sono necessari i combustibili fossili o il Mondo e la civilizzazione rischiano di sgretolarsi”
“Credo che si debba fare una breve riflessione anche sulle nuove tecnologie dell’energia nucleare, quelle, per intenderci, di ultima generazione”, sottolinea il presidente. “Esse, prosegue, comprendono un’ampia gamma di reattori nucleari in fase di sviluppo che si basano su taglia più piccola rispetto a quella ad oggi in uso e sulla modularità. Il futuro energetico dell’Europa potrebbe proprio essere legato a questa tecnologia”. Buzzella si è rivolto poi al governo: “Come imprese, ancor più in Italia, non abbiamo bisogno di bonus che hanno il fiato corto, ma di politiche industriali serie e durevoli che ridiano fiducia alle imprese e ai cittadini sul futuro di questo Continente e di questo Paese”.
“Al governo e alle istituzioni chiediamo un quadro regolatorio – soprattutto rivolto all’Europa – più chiaro e con al centro l’industria. Oggi – aggiunge – è estremamente difficile riuscire a operare con un quadro confuso, nel quale oltretutto l’industria rimane ai margini dell’obiettivo europeo. Chiediamo un prezzo dell’energia che in qualche modo ci permetta di competere. Non possiamo avere dei pezzi dell’energia 4-5 volte rispetto ai concorrenti oltreoceano perché si crea una concorrenza che necessariamente diventa una concorrenza sleale”.