Nel processo d’Appello sul depistaggio della strage di via d’Amelio spunta una nuova relazione, relativa a un sopralluogo effettuato da un uomo della Mobile insieme al falso pentito Vincenzo Scarantino nel 1994. A produrla sono stati i rappresentanti della pubblica accusa nella prima udienza del processo di secondo grado cominciato oggi a Caltanissetta. Sul banco degli imputati tre poliziotti che indagarono sulla strage agli ordini di Arnaldo La Barbera, deceduto nel 2002: si tratta di Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. Sono accusati di concorso in calunnia, aggravata dall’avere agevolato Cosa nostra, per aver spinto Scarantino, Salvatore Candura e Francesco Andriotta, a dichiarare il falso sulla strage, autoaccusandosi e indicando come colpevoli altre 7 persone. La procura di Caltanissetta, guidata da Salvatore De Luca, aveva chiesto la condanna a 11 anni e 10 mesi per Bo, a nove anni e mezzo per Mattei e Ribaudo. In primo grado la caduta dell’aggravante mafiosa ha fatto scattare la prescrizione per i primi due mentre il terzo è stato assolto perché il fatto non costituisce reato.

“Il vero convitato di pietra di questo processo è il personale dei servizi segreti“, ha detto oggi Gaetano Bono, sostituto procuratore generale. L’accusa si è opposta alla richiesta dell’avvocatura dello Stato di essere estromessa dal processo, dal momento che nessuno 007 è imputato (per i Servizi segreti risponde, infatti, la presidenza del Consiglio e quindi l’avvocatura dello Stato). Per la procura generale, infatti, dietro il depistaggio si cela la mano dell’intelligence: “Tutte le condotte sono state commesse con l’apporto decisivo dei Servizi segreti”, ha detto ancora il magistrato, che assieme a Fabio D’Anna, procuratore generale, al sostituto Antonino Patti e al pm applicato dalla Procura, Maurizio Bonaccorso, rappresenta l’accusa. “Non si può escludere il ruolo che il Sisde ha avuto negli anni – ha continuato Bono – Dopo 31 anni ci sono ancora zone d’ombra sulla strage di via D’Amelio e questo processo cercherà di dipanare alcune di queste zone d’ombra”.

In apertura del processo di secondo grado il pm Bonaccorso ha chiesto di sentire come teste anche il presidente dei gip del Tribunale di Palermo, Alfredo Montalto. Fu lui, infatti, ad interrogare Salvatore Candura dopo l’arresto del 5 settembre ’92. Accusato di violenza sessuale (e in seguito assolto) Candura si autoaccusò del furto della Fiat 126, che venne poi trasformata in un’autobomba. Successivamente raccontò alla moglie di essere stato costretto ad accollarsi quel furto.

L’accusa ha depositato anche una nuova relazione, trovata durante i lavori di ristrutturazione degli uffici della Squadra Mobile di Palermo. Contenuto all’interno del faldone con alcuni atti delle indagini sulle stragi, si tratta del resoconto di un sopralluogo fatto nel giugno del 1994 da Vincenzo Scarantino accompagnato da Maurizo Zerilli, ispettore della Squadra mobile, indagato dalla procura di Caltanissetta per false dichiarazioni al tribunale nel processo di primo grado. Secondo quella relazione dopo essere stato trasferito all’aeroporto di Boccadifalco, Scarantino è stato condotto a fare alcuni sopralluoghi nei pressi dell’officina di Giuseppe Orofino, il carrozziere che aveva accusato di aver custodito la Fiat 126 poi trasformata in autobomba.

Fino a ora di questa relazione non c’era traccia, visto che non era mai stata depositata in alcuno dei processi celebrati sulla strage di via d’Amelio. Una vera e propria anomalia ed è per questo motivo che la pubblica accusa ha deciso di depositarla agli atti del procedimento. Per questo motivo il presidente della Corte, Giovanbattista Tona, ha rinviato il processo al 28 novembre, in modo di permettere ai difensori di visionare il nuovo documento. Più ristretto l’intervallo delle successive udienze che si terranno il 5, il 12 e il 19 dicembre.

Un calendario denso, visto che sul procedimento incombe la prescrizione. “Chiediamo che questo processo abbia un percorso il più possibile veloce perché non accetteremmo il rischio di una prescrizione. Ecco perché cci rivolgiamo alla Corte d’Appello perché dia al processo una corsia preferenziale assoluta”, ha detto Fabio Trizzino, marito di Lucia Borsellino e avvocato dei figli del giudice ucciso in via d’Amelio. “Gli unici danneggiati dal processo allo stato sono gli imputati, che senza la prescrizione avrebbero avuto una assoluzione completa, perché in questo caso la prescrizione prevale sull’assoluzione”, ha voluto sottolineare l’avvocato Giuseppe Seminara, legale di Mario Bo.

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