di Michele Versace
Attraversando il territorio attorno all’odierna Piacenza, Annibale contrasse un’infezione che gli costò un occhio. I longobardi impiegarono due secoli per conquistare la Romagna a causa dei terreni acquitrinosi, che consentivano l’accesso a Ravenna solo dal mare. Con il passare del tempo ce ne siamo dimenticati, e la speculazione edilizia, cominciata negli anni del secondo dopoguerra, ha consentito l’edificazione di case, aziende e infrastrutture, in zone da sempre alluvionali.
Pochi mesi fa, per l’ennesima volta è toccato all’Emilia Romagna, e ieri, per la centesima volta in un secolo, a Seveso e altri paesi del milanese.
Da un’inchiesta Rai di alcuni anni fa, risultavano accatastati circa 34 vani pro capite, ossia una decina di case per ogni italiano, neonati compresi. E si continua a costruire. Per chi? Per cosa? Possibile che sia così difficile da capire che è arrivato il momento di arrestare il consumo di suolo? Possibile che nessuno riesca a rendersi conto dei rischi per l’incolumità delle persone e per l’ambiente del Belpaese? C’è qualcuno in grado di togliersi il prosciutto, anzi le banconote, dagli occhi?