A quattro anni e dieci mesi dall’inizio del processo sul ‘Sistema Montante’ più della metà delle imputazioni sono finite prescritte o lo saranno a breve: non arriveranno, in ogni caso, alla sentenza di prima grado. L’unica condanna, otto anni in appello nel procedimento celebrato con l’abbreviato, al momento l’ha presa proprio l’ex paladino dell’antimafia Antonello Montante, mentre per tutti quelli che hanno scelto il rito ordinario cominciano già a cadere numerose contestazioni. Si tratta di imputati importanti come l’attuale governatore della Sicilia, Renato Schifani, ma anche imprenditori, alti ufficiali delle Forza dell’ordine e agenti dei servizi segreti. Ovviamente gli imputati hanno la possibilità di rinunciare alla prescrizione, ma al momento l’ha fatto solo l’ufficiale dei carabinieri, Letterio Romeo.

Il “Sistema Montante”- L’inchiesta della squadra mobile e della procura di Caltanissetta ruota attorno a Montante, in passato leader di Confindustria in Sicilia e considerato una sorta di paladino dell’antimafia, nominato nel consiglio direttivo dell’Agenzia dei beni confiscati da Angelino Alfano, ministro dell’Interno del governo di Matteo Renzi. Secondo le accuse l’imprenditore aveva creato una rete di rapporti e amicizie per ottenere informazioni e protezione, con l’obiettivo di sviare le indagini a suo carico. Con l’abbreviato oltre a Montante, condannato per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, sono stati inflitti 5 anni in Appello all’ex responsabile della security di Confindustria, Diego Di Simone, accusato di essere stato l’anello di congiunzione tra l’imprenditore e gli apparati alla polizia, violando in diverse occasioni la banca dati della pubblica sicurezza per favorire dossieraggi. Una condanna di 3 anni e sei mesi è stata emessa per il sostituto commissario Marco De Angelis, mentre sono stati assolti il colonnello della Guardia di Finanza, Gianfranco Ardizzone, che in primo grado era stato condannato a 3 anni, e il questore Andrea Grassi, in primo grado un anno e 4 mesi.

Le accuse che cadranno – È però per molte delle accuse contestate nel processo celebrato col rito ordinario che la ghigliottina della prescrizione scatterà prima della sentenza definitiva. A novembre, salvo nuove interruzioni, cadrà l’accusa di rivelazione di segreto d’ufficio per il governatore Schifani, il docente universitario Angelo Cuva, gli 007 Arturo Esposito e Andrea Cavacece, l’ex comandante della Dia di Caltanissetta, Giuseppe D’Agata, e il vice soprintendente di polizia Salvatore Graceffa. Quest’ultimo ha visto prescrivere anche l’accusa di accesso abusivo al sistema informatico. Schifani e gli altri sono accusati di aver consentito a Montante e D’Agata di apprendere informazioni dell’indagine top secret a loro carico, con un travaso di notizie secrete passate dalla polizia allo Sco fino agli 007. Breve parentesi: in un procedimento parallelo, a settembre 2022, è stata estinta l’accusa per Valerio Blengini (dopo essere stato affidato ai servizi sociali), già vice direttore Aisi nominato sotto il governo Renzi, che rispondeva di false dichiarazioni ai magistrati. Tornando al maxi processo, nelle precedenti udienze il giudice Francesco D’Arrigo ha certificato la prescrizione dall’accusa di associazione per delinquere per l’ex questore Arturo De Felice e Gaetano Scillia, già capocentro Dia a Caltanissetta, quelle di simulazione di reato per l’imprenditore Salvatore Calì e il dirigente di Confindustria, Carlo La Rotonda, mentre ha rinunciato alla prescrizione il tenente colonnello Letterio Romeo, accusato di soppressione, distruzione o occultamento di atti pubblici.

Truffe e distruzione di documenti – Non si procederà neppure per la presunta truffa di Montante in concorso con l’ex assessora regionale Linda Vancheri e l’ex presidente di Confindustria Caltanissetta, Carmelo Turco, accusati di aver orchestrato la finta assunzione di Vancheri negli uffici nisseni dell’associazione degli industriali mentre era stata nominata assessora regionale, ottenendo quindi un indebito profitto economico. Cadono le accuse di favoreggiamento per i fratelli Andrea e Salvatore Calì, titolari di una società che ha bonificato l’abitazione e gli uffici di Montante e dei suoi stretti collaboratori, a caccia di microspie piazzate dagli investigatori. A novembre (salvo interruzioni) scatterà la prescrizione per Angelo Mistretta, anche lui accusato di aver distrutto documenti sensibili per l’indagine aiutando così l’ex paladino dell’antimafia. L’imprenditore Rosario Amarù, e le due collaboratrici di Montante, Carmela Giardina e Rosetta Cangelosi, dovranno invece attendere almeno fino al 2025 per vedere cadere le accuse di favoreggiamento. Può rischiare la prescrizione anche l’imputazione per rivelazione di segreto per il sindacalista Maurizio Bernava.

Le accuse che reggono – Al netto delle sospensioni che ci sono state durante tutto il dibattimento, e che potrebbero far slittare di qualche settimana o mese le prescrizioni, risulta ancora in piedi l’incriminazione per associazione per delinquere. Accusa condivisa da 15 imputati tra cui l’ex presidente Crocetta, le sue ex assessore Vancheri e Maria Lo Bello, l’ex commissario Irsap e oggi sindaca di Naro, Maria Grazia Blandara, l’ex comandante D’Agata, il luogotenente Mario Sanfilippo e il maggiore della finanza Ettore Orfanello, l’ex direttore dell’Aisi Esposito, e gli imprenditori Giuseppe Catanzaro, Rosario Amarù e Carmelo Turco. Restano imputati anche il governatore Schifani e il professor Cuva, accusati di concorso esterno in associazione a delinquere, l’ex assessora Lo Bello per concussione. Infine ci sono anche i 12 imputati che rispondono di corruzione, tra i quali anche l’ex presidente Crocetta e le sue assessore.

Tempi lunghi: ecco i motivi – L’incombenza della prescrizione è stata provocata dalla decisione di riunire in un unico maxi processo le contestazioni di due filoni investigativi. Da una parte l’inchiesta madre su Montante e la sua cerchia più stretta, compreso il governatore Schifani, con la richiesta di rinvio a giudizio scattata a settembre 2018 e l’inizio del processo a gennaio 2019. Il resto del filone “politico”, in cui è coinvolto Crocetta, invece, arriva a dibattimento solo nell’aprile 2022. A settembre dello stesso anno, il giudice D’Arrigo decide di riunificare tutto nel maxi processo, nonostante l’opposizione del sostituto procuratore Maurizio Bonaccorso, e dei legali di alcuni imputati e delle parti civili. Il resto è storia.

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