Alla fine sugli affitti brevi il governo ha dovuto cedere alle richieste di Forza Italia: nella manovra resta un aumento della cedolare secca per chi affitta più di una casa ai turisti, ma scompare per chi invece mette in locazione breve solo un appartamento. Cioè la vastissima maggioranza, circa il 95% del totale: quanto basta per rendere ben poco rilevante la misura, che solo venerdì il sottosegretario di Stato Giovanbattista Fazzolari definiva “misura di buon senso a difesa di famiglie e studenti” che non trovano casa anche perché, diceva, le tasse su chi affitta a loro sono pari a quelle per chi affitta a turisti. La dimostrazione arriva dalla relazione tecnica, che cifra in soli 8,8 milioni l’anno il gettito aggiuntivo atteso.

Nel giuoco delle parti, il governo non può ammettere il netto passo indietro, le associazioni di categoria continuano a lamentare che qualsiasi aumento di qualsiasi cedolare secca è da rigettare, e Forza Italia con esse. E così lunedì l’intera comunicazione politica sul tema locazioni brevi si è concentrata su un provvedimento di impatto limitato, su cui il governo aveva già trovato un accordo a giugno: l’introduzione di un Codice Identificativo Nazionale, ieri proclamato codice “anti evasione”. “Siamo molto soddisfatti dall’accordo trovato sulla nostra proposta, di avere un codice identificativo nazionale che farà emergere il sommerso di coloro che affittano appartamenti” ha dichiarato il ministro forzista Antonio Tajani, con il partito al seguito.

In realtà il Cin-Codice identificativo nazionale per le locazioni turistiche è una misura proposta nel 2020 dal Mibact di Dario Franceschini, poi prevista da un protocollo d’Intesa tra Stato e Regioni nel 2022, poi proposta come codice unico nazionale nel ddl Santanché sugli affitti brevi, prima nella versione di maggio e poi in quella di settembre. Una banca dati sugli affitti turistici con un codice che il proprietario è obbligato a esporre: una misura utile, che razionalizza i già esistenti codici identificativi regionali, su cui il consenso è piuttosto ovvio. Tanto che anche le associazioni di gestori di affitti brevi si dicono favorevoli. Come però possa portare, da sola, a 1 miliardo di gettito in più – come da veline di Palazzo Chigi – è poco chiaro: dopo l’introduzione dei codici identificativi regionali, in assenza di controlli incrociati i casi di abusivismo non sono mancati (12 mila riscontrati a Roma in settembre).

Con Forza Italia che si intesta, dalla sera alla mattina, una proposta già prevista nel ddl Santanché, anche FdI si è trovata spiazzata. In serata sono arrivate le dichiarazioni di Gianluca Caramanna, deputato di FdI che segue da tempo il tema: “Sono molto fiero che la maggioranza di governo abbia trovato una convergenza sulla nostra proposta di introdurre il ‘Cin’, il Codice Identificativo Nazionale, per gli affitti brevi”. Ma ormai la narrazione forzista aveva preso il sopravvento, senza fare prigionieri: insieme alla cancellazione dell’aumento delle tasse per chi affitta casa ai turisti (salvo i pochi casi di chi ne affitta due, tre o quattro) con l’inserimento del Cin in manovra anche il ddl Santanché, già traballante e sotto attacchi incrociati, appare avere sempre meno speranza di vedere la luce.

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