Ci sono persone che nascondono la loro ansia e il loro malessere cercando di dimostrarsi sempre felici. Si tratta di un particolare disagio definito “sindrome della papera”. Un’espressione coniata dall’Università di Standford per descrivere gli studenti dell’ateneo che, stressati e pieni di impegni, vogliono comunque apparire che stanno bene e hanno tutto sotto controllo. Questa sindrome è infatti spesso associata ai più giovani, ma anche ad adulti che, abituati da quando erano più piccoli a essere popolari e riconosciuti durante il percorso scolastico, crescendo continuano a non volersi mai mostrare in difficoltà o poco performanti. La sindrome della papera non è in realtà riconosciuta scientificamente e non vi è una diagnosi medica ufficiale per riscontrarla.

Che cos’è la sindrome

“Nel più recente dei manuali per la diagnosi dei disturbi mentali – il Dsm-5 TR – non viene riportata come tale, ma la possiamo ritrovare nei disturbi di ansia, da stress”, spiega al Fatto Quotidiano.it il professor Claudio Mencacci, copresidente Sinpf (Società italiana di neuropsicofarmacologia) e Direttore emerito di neuroscienze al Fatebenefratelli – Sacco di Milano). “La persona che ne soffre sembra apparentemente imperturbabile, tutto sembra sotto controllo, ma sotto vige uno stato di grande allerta e ipervigilanza per stare al passo. Di fatto, come una papera che scivola sull’acqua, ma sotto muove freneticamente le zampe per restare a galla. L’immagine è quella di una persona che si mostra rilassata e sotto controllo all’esterno, ma che in realtà sta lottando per andare avanti per rispondere alle richieste pressanti provenienti da lavoro, relazioni, ambizioni o aspirazioni per il futuro. Risulta un comportamento lievemente più frequente nel genere femminile”, continua l’esperto, “più esposte all’ansia e alle aspettative sia personali che dell’ambiente, che mostrano lati di perfezionismo e necessità di sentirsi sempre al top. Un esempio di differenze di genere per l’eccesso di aspettative e di carico di lavoro a cui le donne sono chiamate a rispondere”.

Segnali da riconoscere

Professor Mencacci, ci sono sintomi specifici che possono aiutarci a individuare la sindrome?
“Questa sindrome rappresenta un’immagine chiara di una delle tante manifestazioni dello stress e delle diverse modalità di reazione e resilienza. Alcuni resistono a lungo, altri in modo minore e possono sviluppare sintomi indicatori come disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione, cefalea, disturbi somatici, irritabilità e insofferenza fino a quadri clinici più conclamati di ansia con panico o depressione. Inoltre, lo stress, quando diventa prolungato, risulta opprimente e può portare a sviluppare una vera e propria sindrome del burn out. Restando nell’immagine di partenza, come una papera esausta, sfinita ma che prova molta difficoltà a chiedere aiuto e a riconoscere di non poter più sopportare tanta fatica: la fatica di mostrarsi sempre all’altezza, a non poter mai dire ‘No’, a non concedersi segni di debolezza”.

A quel punto qual è la paura più forte in chi ne soffre?
“L’incubo è di crollare, cedere alla rassegnazione, alla sconfitta; proseguire con un lento spegnimento verso un abbandono silenzioso, quello che spiritosamente viene chiamato ‘funzionare al minimo sindacale’, non andare oltre nel lavoro o negli affetti. Non investire sul futuro”.

Immersi nella competizione

La sindrome rimanda alla cultura competitiva in cui siamo immersi: “Di fatto, le persone che sono sempre più orientate al successo individuale, al perfezionismo apparente, al modello estetico ‘globalizzato’, a sembrare felici sono portate a nascondere sempre più le proprie emozioni di paura e inadeguatezza e a indossare una maschera di perfezione per celare ansie profonde. In questo caso la sindrome della papera può sconfinare in quella dell’impostore dove le persone sentono di avere considerazione e ricoprire posti importanti senza meritarselo”.

Possibilità di cura

Viste le difficoltà nell’essere riconosciuta, come si può affrontare e curare?
“Prima di tutto, sarebbe importante che le persone, fin da giovani, fossero avviate in un percorso di educazione alle emozioni e agli affetti. Il fingere a oltranza, anche se sembra portare a risultati positivi, ha un costo per la propria salute psichica e fisica: freddi e calmi all’esterno, mentre dentro sono completamente stressati ed esausti, impoveriti emotivamente e sentimentalmente. Ma attenzione, ci sono sempre dei ‘lupi’ che si palesano quando ci si sente costretti a mantenere la maschera: nelle donne prendono forma nei disturbi alimentari; negli uomini, nel consumo di sostanze stupefacenti e alcol. Se quindi riconoscere il proprio stato è il primo passo verso una cura, il secondo è recarsi da un esperto psichiatra e/o psicoterapeuta. Gli strumenti terapeutici sono molti ed efficaci, a patto che ci si affidi a persone competenti”.

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