Più tasse su sigarette, pannolini e assorbenti, latte in polvere per bambini e seggiolini per l’auto, vendita di case ristrutturate con il Superbonus, affitti brevi, case e attività finanziarie all’estero. Più ritenute sui bonifici per accedere a vari sgravi, strette sulla compravendita di metalli preziosi e su quella di auto immatricolate all’estero. Mentre creava una tempesta in un bicchier d’acqua riguardo al recupero di evasione attraverso il pignoramento dei conti correnti, il governo Meloni ha messo “le mani in tasca” ai contribuenti in molti altri modi. Alcuni giustificati da obiettivi di equità, molti finalizzati solo a recuperare risorse per finanziare la parte di manovra non coperta dai quasi 16 miliardi di extradeficit. Relazione tecnica alla mano, ilfattoquotidiano.it ha calcolato che gli aggravi ammontano a oltre 2 miliardi di euro, al netto dei 3,48 miliardi di maggiore Ires che le imprese pagheranno dal 2025. Accanto ai prelievi, va ricordato, ci sono anche dolorosi tagli: minori rivalutazioni per le pensioni “alte” e maxi penalizzazioni su quelle dei dipendenti pubblici che lasceranno il lavoro dal 2024.
Latte e assorbenti – Stop all’Iva al 5% per i prodotti per l’infanzia e gli assorbenti per lo scarso successo – ammesso dalla premier Giorgia Meloni – della misura introdotta per il 2023, a fronte della quale le aziende hanno aumentato i prezzi. All’ultimo secondo il governo ha evitato di far tornare l’imposta al 22% per pannolini, latte in polvere e tamponi, spostandoli nell’elenco dei beni soggetti all’aliquota ridotta del 10%. Nulla da fare seggiolini auto per bambini, che tornano all’aliquota standard subendo quindi un balzo di 17 punti. I consumatori pagheranno di conseguenza, stando alla relazione tecnica, oltre 162 milioni di euro in più.
Sigarette, tabacco ed e-cig – Le sigarette rincareranno di 10-12 centesimi a pacchetto, a seconda del prezzo di partenza, per effetto di un ulteriore aumento degli oneri fiscali rispetto a quanto già previsto dalla precedente legge di Bilancio. Per il tabacco trinciato sale l’accisa minima, con un impatto previsto di circa 30 centesimi a busta. Ce n’è anche per il tabacco riscaldato: sono confermati per il 2024 e 2025 i ritocchi all’accisa già previsti dalle precedenti manovre e per il 2026 si prevede un ulteriore rialzo. Per le e-cig la botta arriverà dal 2025, quando la tassa sui prodotti con e senza nicotina salirà dell’1%. Il maggior gettito atteso è rispettivamente di 76 milioni, 32,2 milioni, 20,9 milioni (dal 2026) e 4,5 milioni destinati a salire a 8,9 nel 2026. Solo nel 2024 lo Stato incasserà dai fumatori 108 milioni in più.
Tasse sugli affitti brevi – La cedolare secca sulle case affittate per brevi periodi sale dal 21 al 26%. Su richiesta di Forza Italia la novità è stata molto circoscritta: si applicherà solo a partire dal secondo immobile messo a reddito con questa modalità. E già oggi oltre i quattro appartamenti scatta, in base a una norma in vigore dal 2022, la presunzione dell’attività di impresa con obbligo di partita Iva e impossibilità di beneficiare della tassa piatta. Il maggior gettito si ferma, a regime, a 8,8 milioni l’anno.
Tasse sulle case ristrutturate col Superbonus – Chi rivende entro 10 anni una casa ristrutturata grazie al Superbonus pagherà una tassa del 26% sulla differenza tra il prezzo di cessione e quello a cui aveva acquistato: la stessa che oggi si applica su tutte le cessioni considerate “speculative” perché avvengono prima che siano trascorsi cinque anni dall’acquisto. Di norma, in quei casi la plusvalenza viene calcolata al netto dei costi di manutenzione e ristrutturazione, opzione che sarà esclusa per i proprietari che abbiano optato per la cessione del credito o lo sconto in fattura. Dopo il quinto anno, si terrà conto solo del 50% delle spese sostenute. “Prudenzialmente”, la Ragioneria non indica i potenziali effetti sul gettito.
Imposte su immobili e attività finanziarie all’estero – Sale dallo 0,76 all’1,06% l’imposta sul valore degli immobili situati all’estero (Ivie), da cui prima dell’estensione a società semplici ed enti non commerciali in vigore dal 2022 derivava un gettito di meno di 100 milioni l’anno. Ora salirà di 37 milioni l’anno (primo incasso nel 2025). Raddoppia poi dal 2 al 4 per mille l’imposta sul valore dei prodotti finanziari (Ivafe) a carico dei residenti in Italia che detengono in Paese con “regime fiscale privilegiato” prodotti finanziari, conti correnti e libretti di risparmio: da qui ci si attendono 8,7 milioni in più ogni anno.
Ritenute sui bonifici per godere di detrazioni – La ritenuta d’acconto applicata da banche e Poste ai bonifici “parlanti” relativi a spese deducibili o per le quali è prevista una detrazione fiscale – come gli interventi di ristrutturazione edilizia – sale dall’8 all’11% a partire dall’1 marzo 2024. Pagare con bonifico è obbligatorio per godere di quegli sgravi e la ritenuta consiste nel pagamento anticipato di una parte dell’imposta sul reddito dovuta da chi realizza i lavori: le imprese lamentano quindi che l’intervento ridurrà la loro liquidità. Il ritocco porterà nelle casse dello Stato 518 milioni nel 2024 e 622 dal 2025.
Pignoramenti non più al buio – Qui non parliamo di nuove tasse, ma della possibilità di riscuotere quelle dovute e non pagate. La norma sui pignoramenti che ha causato tanta agitazione nel governo è stata modificata solo in superficie: nella sostanza resta invariata rispetto alle prime bozze. L’agente della riscossione potrà farsi dire dalla banca dell’evasore quanti soldi ci sono in quel momento sul suo conto corrente in modo da pignorare a colpo sicuro e non più al buio. Gettito aggiuntivo atteso, come sempre “prudenzialmente”: 243,11 milioni nel 2025, 486,29 nel 2026.
Contrasto all’evasione – Altri commi dell’articolo dedicato al contrasto all’evasione stimano recuperi di gettito importanti da una serie di misure assai tecniche. Dal primo aprile scatterà per esempio l’obbligo di ritenuta di acconto sulle provvigioni percepite dagli agenti di assicurazioni, finora esentati: ne dovrebbero derivare maggiori versamenti per 583 milioni nel 2024 e 778 dal 2025. Oltre 200 milioni l’anno sono attesi da modifiche alla tassazione dei redditi che derivano dalla costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento (come l’usufrutto). Altri 196 milioni l’anno arriveranno dal cambio delle regole sull’imponibile relativo alla compravendita di metalli preziosi e 32 milioni dal contrasto alle frodi Iva nella compravendita di auto immatricolate all’estero, in particolare a San Marino. E 125 milioni saranno racimolati impedendo ai contribuenti con iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi da oltre 100mila euro di utilizzare la compensazione dei crediti.
Abrogazione dell’Ace – Non è in manovra ma nel primo decreto attuativo della delega fiscale, direttamente collegato perché contiene l’unificazione delle prime due aliquote Irpef e la super deduzione del costo lavoro per chi assume a tempo indeterminato, rivendicate da Meloni come parte integrante della legge di Bilancio. Lo stesso provvedimento cancella però l’Aiuto alla crescita economica, un’agevolazione fiscale che dal 2011 incentiva il reinvestimento degli utili in azienda. L’abrogazione comporta che dal 2025 le imprese pagheranno 4,8 miliardi di tasse in più mentre la maggiorazione dei costi del lavoro deducibili porterà un vantaggio di soli 1,3 miliardi: un guadagno netto per lo Stato di 3,48 miliardi. In compenso la manovra rinvia per l’ennesima volta – all’1 luglio 2024 – l’entrata in vigore di sugar e plastic tax, con una perdita di gettito di 329 milioni nel 2024.