Mondo

Gli Usa contrari al piano d’Israele su Gaza: “No a una dislocazione permanente dei palestinesi fuori dalla Striscia”

Anche la Casa Bianca dice ‘no’ a una nuova Nakba a Gaza, la catastrofe rappresentata dall’esodo palestinese dalle proprie terre dal 1948 in poi. Giorni fa il ministero dell’Intelligence israeliano ha diffuso un documento nel quale è stato messo nero su bianco il piano di Tel Aviv per la Striscia. Tra i vari punti emerge quello del trasferimento di massa della popolazione in Egitto, un’ipotesi che ha scatenato le polemiche internazionali ed è stata bocciata anche dal principale alleato dello ‘Stato ebraico’, gli Stati Uniti. Lo ha spiegato il portavoce del Consiglio per la Sicurezza Nazionale, John Kirby: “Gli Usa non sostengono una dislocazione permanente di abitanti di Gaza fuori dalla Striscia”.

La domanda alla quale Kirby ha dovuto rispondere nel corso di un briefing a bordo dell’Air Force One nasce dalle polemiche scaturite dalla diffusione del documento del governo israeliano. Nel file, datato 13 ottobre, si ipotizzavano varie opzioni per il futuro della Striscia dopo aver “sradicato” Hamas dall’enclave. Queste comprendevano la possibilità di affidare il governo locale all’Autorità nazionale palestinese, sconfitta alle ultime elezioni datate ormai 2006. A questo si aggiunge la necessità di individuare un leader arabo locale e infine, la parte più contestata, quella sul trasferimento della popolazione, in un primo momento creando delle tendopoli nel nord del Sinai per poi trasformarle poi in vere e proprie città.

Dopo la pubblicazione del documento si sono levate proteste da parte dei palestinesi e non solo. Il portavoce del presidente Abu Mazen ha detto: “Siamo contrari al trasferimento in qualsiasi luogo, in qualsiasi forma e lo consideriamo una linea rossa che non permetteremo che venga oltrepassata. Non permetteremo che ciò che accadde nel 1948 accada di nuovo”. Anche l’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu ha precisato che si tratta solo di un documento “concettuale”, ma evidentemente anche da Washington hanno sentito il bisogno di chiarire la propria posizione.