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La Russia e l’allarme antisemitismo: caccia agli ebrei nel Caucaso del Nord. Cosa c’è dietro il caso (senza precedenti) del Daghestan

Con l’inizio di una nuova guerra tra Israele e Hamas, in tutta la Russia sono in corso manifestazioni filo-israeliane e filo-palestinesi. L’aggravarsi del conflitto in Medio Oriente ha avuto risonanza soprattutto tra i musulmani nelle repubbliche del Caucaso del Nord. In Cecenia, ad esempio, ogni giorno nelle moschee si tengono preghiere di massa a sostegno della Palestina. E i residenti del Daghestan, della Karačaj-Circassia e della Cabardino-Balcaria organizzano azioni pro Gaza, che alla fine della scorsa settimana sono diventate apertamente antisemite.

Tutto è iniziato il 26 ottobre quando canali Telegram anonimi hanno pubblicato gli indirizzi delle sinagoghe e i nomi dei rabbini nelle capitali delle repubbliche caucasiche della Russia, accompagnati da dichiarazioni antisemite. Il 28 ottobre si è tenuta a Cherkessk (la capitale della Karačaj-Circassia) una manifestazione a sostegno della Palestina con circa 200 partecipanti. Hanno preteso che ai rifugiati israeliani non fosse consentito entrare nella regione e, di più, che gli ebrei fossero sfrattati da lì.

L’assalto agli alberghi e all’aeroporto in Daghestan – Lo stesso giorno, a Khasavyurt (Daghestan), una folla ha circondato uno degli alberghi della città e ha richiesto che da lì fossero espulsi dei “profughi da Israele”. Ciò è accaduto dopo che sui canali Telegram locali si era diffusa la notizia che l’albergo fosse “pieno di ebrei” e l’invito a “identificarli e stanarli”. Nel giro di poche ore, centinaia di persone sono arrivati nei pressi dell’edificio e chiedevano agli ospiti di avvicinarsi alle finestre per controllare chi di loro fosse ebreo. A quel punto i rivoltosi hanno iniziato a lanciare pietre contro le finestre. La polizia ha permesso ad alcuni di loro di entrare nell’albergo per verificare personalmente che non ci fossero cittadini israeliani. “Sono entrato in ogni stanza, ho controllato tutti. Ho guardato il passaporto per vedere se il volto della persona corrispondesse”, racconta con orgoglio uno dei partecipanti. Poi i presenti hanno deciso di ispezionare anche l’albergo vicino, ma anche lì non hanno trovato ebrei. Allora la folla si è dispersa mentre fuori dall’hotel è apparso un avviso che specificava il divieto di accesso agli israeliani.

Lo stesso giorno, il 28 ottobre, nella capitale del Daghestan, Makhachkala, si è svolta una manifestazione anti-israeliana. Il giorno successivo, a Nalchik, capitale di un’altra regione caucasica, la Repubblica Cabardino-Balcanica, ignoti hanno appiccato il fuoco al centro culturale ebraico in costruzione e sul muro hanno scritto “Morte agli ebrei”. In serata, una folla in cerca di “rifugiati israeliani” aveva preso d’assalto già l’aeroporto di Makhachkala. Aspettavano un volo da Tel Aviv per “catturare gli ebrei prima che si disperdessero”, come era stato scritto anche sui social. I daghestani sono arrivati allo scalo e hanno cercato di entrare nell’aereo, motivo per cui l’equipaggio ha dovuto bloccare la porta della cabina e i passeggeri spaventati sono rimasti all’interno del velivolo per diverse ore. Nel frattempo, la folla ha sfondato le porte dell’aeroporto, è entrata con una bandiera palestinese e ha iniziato a irrompere in ogni stanza alla ricerca di ebrei.

In tutto, a partecipare all’azione, sono state circa 1.500 persone. Controllavano i passaporti di tutti coloro che lasciavano l’aeroporto e ispezionavano tutte le auto in partenza, comprese quelle della polizia. Gli agenti, anziché arginare il caos, hanno proposto alla folla di scegliere tre persone che sarebbero salite sull’aereo per assicurarsi che non ci fossero cittadini israeliani a bordo. Poi, anche se tardivamente, le autorità hanno iniziato a reagire. Nella notte sono riuscite a riprendere il controllo dell’aeroporto. Durante gli scontri sono rimaste ferite più di 20 persone, 10 delle quali gravemente. I magazzini e i negozi dell’aeroporto sono stati saccheggiati. Complessivamente, sono stati fatti danni per 100mila euro. Decine di manifestanti sono state arrestate, quando funzionari e leader religiosi del Daghestan hanno finalmente condannato il pogrom, ricordando tuttavia di pregare per il popolo palestinese. “Le emozioni delle persone sono comprensibili. Siamo tutti depressi per ciò che sta accadendo nella Striscia di Gaza e non possiamo rimanere inerti”, ha affermato ad esempio il difensore civico del Daghestan Jamal Aliyev.

Senza precedenti – Si tratta di episodi di antisemitismo senza precedenti nella Russia moderna. Nonostante il Paese porti sulle spalle la pesante eredità del regime sovietico, che include il suo antisemitismo, gli attivisti per i diritti umani notano che negli anni ’90 e 2000 non si è mai verificata un’aggressione simile contro gli ebrei. L’antisemitismo è sempre stato presente, ma ufficialmente deplorato. Ma ora le cose stanno cambiando. “L’ambiente in cui l’antisemitismo è diffuso (soprattutto le forze di sicurezza) ritiene che ‘sia giunto il loro momento’, scrive il politologo indipendente Abbas Gallyamov, che ha lasciato la Russia a causa della persecuzione politica. “Chi professa l’antisemitismo ormai da molti anni non ritiene più necessario nasconderlo” aggiunge.

Un altro politologo in esilio Vladimir Pastukhov, ricercatore senior all’University College di Londra, da tempo mette in guardia sull’ “inevitabilità” dell’antisemitismo dell’apparato statale in Russia, che ormai non è più oggetto di disapprovazione. Osservazioni che sembrano essere confermate dal propagandista Dmitry Kiselev, capo dell’agenzia di stampa statale Rossiya Segodnya, che recentemente ha affermato in prima serata sulla tv che l’antisemitismo è in realtà “una norma culturale per centinaia di milioni di musulmani“. E lo scorso fine settimana tutti i canali tv federali, tranne uno, hanno ignorato i disordini all’aeroporto di Makhachkala.

L’analogia con il caso Prigozhin – Un’altra cosa è la comunità Z, ovvero di chi è favorevole all’invasione dell’Ucraina, che seguiva scioccata l’assalto e l’inazione delle forze di sicurezza. Corrispondenti militari, “Z-patrioti” e autori di canali telegram pro-guerra sono rimasti sconvolti dal fatto che nel Caucaso questo argomento susciti molto più entusiasmo rispetto alla guerra in Ucraina. Alcuni giornalisti hanno paragonato l’impotenza delle forze dell’ordine e la mancanza di reazione delle autorità locali alla ribellione di Prigozhin. Sui canali web associati al filone patriottico-nazionalista, la versione più accreditata è che i disordini siano stati incitati da parte dell’Ucraina e che a iniziare a chiedere la “cattura” degli israeliani sia stato un canale telegram, secondo i corrispondenti militari, controllato dai servizi speciali di Kiev. Secondo il media dell’opposizione Meduza, il canale è stato creato dall’ex deputato della Duma di Stato Ilya Ponomarev che ora vive in Ucraina (lo stesso Ponomarev afferma di non avere più niente a che fare con il canale).

In ogni caso, accuse di “provocazioni” da parte dei “nemici della Russia” si sentono anche dal capo del Daghestan Sergei Melikov e l’addetto stampa presidenziale Dmitry Peskov, che ha definito l’attacco all’aeroporto di Makhachkala “un tentativo da parte dell’Occidente di sfruttare gli eventi in Medio Oriente per dividere la società [russa]”.

Il nodo delle repubbliche caucasiche – Tuttavia, anche se, secondo i commentatori filogovernativi, è così facile controllare le persone attraverso i canali telegram, ciò non spiega perché i pogrom siano avvenuti solo nel Caucaso settentrionale. Voci secondo cui “un volo di profughi da Israele sta segretamente arrivando nella nostra città” e teorie del complotto secondo cui gli ebrei stanno avvelenando i pozzi d’acqua, circolano su molti social regionali in Russia. Ma è divampato proprio nelle repubbliche caucasiche, nello stesso luogo dove si sono svolte le più potenti proteste contro il lockdown o le torri 5G.

L’antropologa Alexandra Arkhipova cita come l’antisemitismo contraddistingua la regione. “I nostri nemici sanno che il Daghestan si accende come un fiammifero per qualsiasi cosa”, ammette la giornalista filogovernativa ed ex consigliere del presidente della Duma di Stato Anastasia Kashevarova. “E ora hanno testato con successo l’incitamento all’odio etnico”. Anche se c’è stata un’influenza esterna, però, gli stessi propagandisti hanno fatto un ottimo lavoro nell’esasperare la situazione.

“L’antisemitismo è infatti caratteristica comune a molti musulmani, ma qui anche la propaganda statale sembra aver dato il via libera: dicono che Hamas è buona e Israele è il nemico”, spiega Abbas Gallyamov. Il centro russo di informazione e analisi Sova ritiene anche che lo scoppio dell’antisemitismo nel Caucaso del Nord potrebbe essere stato provocato dalla propaganda anti-israeliana trasmessa dalla tv russa e dal sostegno statale alla Palestina, cosa che potrebbe essere interpretata come un’indulgenza verso posizioni più radicali. Ovadia Isakov, il rabbino di Derbent (Daghestan), spiega l’ostilità della popolazione locale dicendo che “Israele ha perso la guerra informatica”. Afferma che la comunità ebraica del Daghestan non esclude l’evacuazione dalla regione sullo sfondo di azioni antisemite, avvertite come una minaccia reale. Anche gli attivisti per i diritti umani credono possano esserci altri pogrom e attacchi nella regione, e sottolineano che oggi la caccia agli ebrei è diventata “un sintomo di una malattia generale” nel paese. “Quello che è successo ieri in Daghestan – dice Gallyamov – dimostra lo stato di tensione in cui si trova la società russa e quanto velocemente può divampare. Il regime non ha nessuno da incolpare se non se stesso. Impegnandosi in una ricerca infinita del nemico e promuovendo l’isteria “patriottica”, lui stesso ha creato i presupposti per tutto ciò che sta accadendo”.

(immagine d’archivio)