1941, l’anno di Pearl Harbor, della guerra all’Urss e dell’operazione “Tifone”, che arriva a 20 km da Mosca. L’anno in cui gli USA decidono di entrare in guerra, gli Inglesi dichiarano guerra a Finlandia, Ungheria, Romania, e la Grecia si arrende ai tedeschi. L’anno dei rastrellamenti degli ebrei e dell’avvio della loro eliminazione nei campi di concentramento. La guerra mondiale dilaga…
Eppure… Tra gli oltre 800 internati e confinati sulla piccola isola tirrenica di Ventotene, un gruppo di comunisti, socialisti e anarchici discutono su un’idea inconcepibile: una unione federata dell’Europa che sta bruciando dovunque. Altiero Spinelli e Ernesto Rossi stendono il Manifesto di Ventotene, che getta le basi per la creazione dll’Europa Unita. A guardarli da lontano sembrano dei folli che non sanno come ammazzare il tempo, o degli utopisti inconsistenti che non riescono a vedere la distruzione, la morte, il dolore che, in quegli anni, era impensabile anche solo immaginare si sarebbe redento in una unione di nazioni e popoli senza precedenti. Come potevano seriamente immaginare che la Francia filonazista di Vichy, la Germania di Hitler, l’Inghilterra, l’Italia di Mussolini, l’Austria, l’Ungheria, i paesi scandinavi occupati, la Grecia piegata dall’invasione nazifascista, cioè il teatro di una immane strage, potesse diventare un “Paese comune”?
Ma questo è accaduto. Già nel ’49 nasce il Consiglio d’Europa. Nel 1957, a Roma, si firmano i trattati che fanno nascere la CEE e l’Euratom. Nel ’68 viene varata l’Unione Doganale, nell’85 Shengen. Sono passati una manciata di anni, ma l’idea ha attecchito, ha battuto l’odio e la memoria dei massacri. L’Europa ha preso una strada nuova, con tutti i guasti di una giovane storia, che deve ancora crescere, diventare forse tutt’altro per poter essere autentica e efficace, dimenticando “l’Unione Economica”, diventando “Unione culturale e sociale”… ma esiste.
2023. Isso bandiera del Mediterraneo in queste ore terribili. Mi ispirano Altiero Spinelli e Ernetto Rossi, ideatori e promotori della lama di luce nel buio. Perché è di questo che abbiamo bisogno ora, ed è questo che dobbiamo fare ora: cercare la luce nel buio. Lle idee di unione pacifica tra simili, capaci di esaltare le diversità e farne ricchezza, diventano più forti proprio ora, proprio sotto le bombe, come nel terribile 1941.
Il tempo di un Mediterraneo unito è oggi, e va detto ora più che mai, con un coro alto e forte proprio mentre (in questo istante, mentre scrivo) razzi raggiungono la base Unifil in Libano, facendo temere un allargamento definitivo del conflitto.
Lavoriamo bene, ognuno alle sue cose. È quello che dobbiamo fare in queste ore. Chi scrive scelga ancor meglio le parole; chi produce produca con maggior cura; chi studia studi di più, chi ascolta presti più attenzione, chi cura gli ammalati si prenda cura con maggiore compassione; chi progetta scriva progetti perfetti, e si curi delle loro finalità. Servono oggi e serviranno ancor più domani persone estremamente preparate, serie, impegnate, capaci, che non subiscono derive umorali o inutilmente partigiane, per costruire un mondo che deve nascere proprio dal superamento di queste divisioni.
Non cediamo ora alla disperazione. E non abbiamo mai paura. Dovremo dire presto di no a qualunque guerra, a qualunque schieramento, dunque servirà coraggio, perché saremo noi, ognuno di noi, proprio in quanto cittadini del Mediterraneo, a dover fare la differenza. Nel nome di un mondo mediterraneo allargato e unito, quello a 30 Paesi (dunque anche l’Ucraina e la Russia, giova ricordarlo, come anche la Giordania e il Portogallo).
Isso la bandiera pieno di preoccupazione, ma ancor più di speranza e determinazione.