Il gruppo danese Orsted, primo produttore al mondo di impianti eolici in mare, ha perso in borsa il 25% in una sola seduta dopo l’annuncio di svalutazioni per 4 miliardi di euro e dello stop allo sviluppo di due nuovi “campi” nelle acque statunitensi. Ocean Wind 1 e Ocean Wind 2 avrebbero dovuto essere costruiti al largo del New Jersey. La decisione è stata presa a causa del forte aumento del costo del progetto a causa dell’inflazione, di problemi sulla catena di approvvigionamento dei componenti e dei tassi alti che rendono più costosi i finanziamenti. Problemi che stanno affliggendo tutto il settore delle rinnovabili che richiede ingenti investimenti per la costruzione di nuove strutture. “Non ci sono dubbi che l’industria eolica offshore si stia trovando nel bel mezzo di una tempesta perfetta“, ha dichiarato l’amministratore delegato del gruppo danese Mads Nipper. Solo martedì scorso British petroleum ha svalutato per 540 milioni di dollari le sue attività offshore negli Usa mentre la scorsa settimana il produttore di turbine Xinjiang Goldwind Science & Technology ha visto i suoi profitti crollare del 98% mentre il gruppo norvegese Equinor ha registrato dovuto abbassare il valore sui suoi progetti offshore negli Usa di 300 milioni. L’aumento dei costi con cui hanno avuto a che fare queste aziende negli ultimi mesi è stimato intorno al 40%.
“Siamo fermamente convinti che gli Usa abbiano bisogno dell’eolico offshore per raggiungere le loro ambizioni di riduzione delle emissioni di carbonio e restiamo impegnati sul mercato rinnovabile americano”, ha aggiunto Nipper. Gli Stati Uniti, che nell’eolico offshore sono più indietro dell’Europa e della Cina, puntano a produrre 30 gigawatt entro la fine del decennio ma i vincoli del programma di sostegno alla transizione verde messo a punto dalla Casa Bianca, come il ricorso a una larga fetta di componenti Made in Usa, rendono il percorso ancora più in salita. Il caso di Orsted è particolarmente emblematico perché il gruppo si è trasformato da produttore di petrolio e gas in una delle principali società eoliche al fine di intercettare opportunità (e finanziamenti pubblici) della transizione verde. Ma mentre il petrolio e il gas, anche per effetto della situazione geopolitica sono tornati ad essere molto profittevoli, le rinnovabile stanno perdendo appeal per investitori e aziende. A tutto danno degli obiettivi di tutela dell’ambiente e contrasto al surriscaldamento globale, battaglia che sembra già persa almeno nei suoi attuali obiettivi.