Entro l’estate si saprà se è stato un flop come quello del 2003, quando una misura del genere fu proposta dal governo Berlusconi con scarsissimo successo. Per ora il governo Meloni scommette che dal nuovo concordato preventivo biennale arriveranno 760,5 milioni di gettito in due anni, di cui 748,1 nel 2024. E pur di ottenerli accetta che i contribuenti possano nascondere al fisco fino al 30% dei loro ricavi senza perdere il beneficio: di fatto una “modica quantità” di evasione consentita. Questo, almeno, stando alle bozze del decreto attuativo della delega fiscale che disciplina la possibilità per piccole e medie imprese e partite Iva di accordarsi preventivamente con l’Agenzia delle Entrate sui propri redditi dei due anni successivi e pagare le tasse a forfait, con la garanzia che se i ricavi saranno maggiori del previsto non dovranno versare nulla di più.
Chi può aderire – Il testo, che arriva venerdì all’esame del consiglio dei ministri, prevede che la proposta dell’Agenzia arrivi entro aprile 2024 e si possa aderire entro luglio. Per formularla il fisco terrà conto dei dati inviati dal contribuente stesso attraverso “appositi programmi telematici”, delle informazioni già in suo possesso e delle banche dati “nella disponibilità dell’Amministrazione finanziaria e di altri soggetti pubblici”, a partire dall‘Anagrafe tributaria. L’opzione sarà offerta a chi oggi gode della flat tax al 15% (1,7 milioni di autonomi) e a una parte dei circa 2,4 milioni di contribuenti sottoposti agli Indici sintetici di affidabilità fiscale, le “pagelle” che dal 2019 hanno sostituito gli studi di settore. Potrà accedere in prima battuta chi dichiara un reddito di almeno 2mila euro e ha un punteggio di almeno 8, cioè sufficiente: secondo il Dipartimento delle Finanze, nel 2021 sono stati poco più di 1 milione, il 44,6% del totale. Per questi contribuenti considerati in regola la base imponibile proposta dalle Entrate ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap sarà con tutta probabilità molto vicina a quanto dichiarato l’anno prima.
Ripescaggio per i potenziali evasori che integrano le dichiarazioni – Tutti gli altri hanno presentato finora dichiarazioni ritenute inattendibili perché i ricavi indicati sono troppo bassi. Ma non saranno esclusi a priori: avranno la possibilità di essere ripescati integrando i dati inviati al fisco con “ulteriori componenti positivi non risultanti dalle scritture contabili”, fino a raggiungere un punteggio sufficiente. Tradotto, dovranno far emergere il fatturato nascosto con il probabile obiettivo di evadere. Stando alla relazione tecnica, il governo si attende che dalla regolarizzazione dei soggetti Isa con voto inferiore a 8 derivino 605,8 milioni di euro.
Escluso chi ha debiti col fisco sopra 5mila euro – Un ulteriore requisito è di non avere debiti tributari o almeno aver estinto quelli superiori a 5mila euro, compresi interessi e sanzioni, con le Entrate o con enti previdenziali. Nel secondo caso la tagliola scatta solo per i contributi definitivamente accertati con sentenza irrevocabile o con atti impositivi non più soggetti a impugnazione. Dall’estinzione di questi ruoli sono attesi 55,8 milioni. Saranno motivo di esclusione anche la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi negli ultimi tre anni e la condanna per reati fiscali, false comunicazioni sociali o riciclaggio, autoriciclaggio e impiego di denaro sporco se commessi negli ultimi tre periodi di imposta.
Decade solo chi ha nascosto oltre il 30% di ricavi – Per rendere efficace il meccanismo, occorre collegare l’eventuale non adesione alla proposta del fisco a controlli sulla regolarità delle dichiarazioni di chi rifiuta. La bozza di decreto prevede che Agenzia delle entrate e Guardia di finanza “programmano l’impiego di maggiore
capacità operativa per intensificare l’attività di controllo nei confronti dei soggetti che non aderiscono o ne decadono”. Chi aderisce invece non potrà essere sottoposto ad accertamenti sulla base di presunzioni semplici salvo che l’istruttoria del fisco non faccia emergere cause di decadenza dal concordato. Quest’ultima scatta solo se “a seguito di accertamento, nei periodi di imposta oggetto del concordato o in quello precedente, risulta l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza o l’indeducibilità di passività dichiarate, per un importo superiore al 30% dei ricavi dichiarati ovvero risultano commesse altre violazioni di non lieve entità“, cioè reati in materia di imposte sui redditi o comunicazione inesatta o incompleta dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli Isa “in misura tale da determinare un minor reddito o valore netto della produzione oggetto del concordato per un importo superiore al 30%“. Formulazioni che sembrano legittimare una “modica quantità” di evasione pari al 30%.
Multe dimezzate in caso di adesione preventiva – Lo schema di decreto prevede anche altre novità sugli accertamenti. L’Agenzia delle Entrate dovrà obbligatoriamente “dialogare” con il contribuente in fase di accertamento. In caso di adesione la misura delle sanzioni sarà dimezzata, mentre se il contribuente non paga scatterà l’iscrizione a ruolo. Confermato il ricorso a tecnologie digitali e all’intelligenza artificiale per individuare gli evasori nel rispetto delle norme sulla privacy, come previsto nella delega e già recepito nella Convenzione 2023-25 tra ministero dell’Economia e Entrate.
Notifiche fiscali via pec – Sul fronte procedurale arriva la previsione che la decorrenza dei termini delle notifiche fiscali scatterà appena il gestore della posta elettronica certificata o del domicilio digitale comunicherà l’avvenuta consegna sulla casella pec del contribuente. Per il destinatario, la notifica “si intende perfezionata alla data di avvenuta consegna contenuta nella ricevuta che il gestore della casella di posta elettronica certificata o del servizio di recapito elettronico certificato qualificato del destinatario trasmette all’ufficio”. Relativamente agli atti, agli avvisi e ai provvedimenti che per legge devono essere notificati, se la casella è piena verrà fatto un secondo tentativo di consegna ad almeno una settimana di distanza. Se va ancora a vuoto, si procederà con le normali notifiche al domicilio.