Dal 7 ottobre a oggi non sono stato capace di scrivere nulla di fronte al macello compiuto da Hamas contro i «nemici», cioè innocenti bambini di un anno e giovani festanti. Nulla potrà mai giustificare la «strage d’innocenti». Di fronte a fatti simili, non basta condannare; è necessario domandarsi: «Perché è successo questo?». Senza una risposta, qualsiasi analisi è solo un blaterale da insipiente show televisivo.
Ho vissuto quasi 5 anni in Israele/Palestina, a Gerusalemme, in territorio palestinese (villaggio di Bètfage, a est del Monte degli Ulivi, arabo «A-tur»), sotto amministrazione israeliana. Ho attraversato fisicamente tutta la Seconda Intifada, tra attentati, morti e sangue. Nel 2000, da lì, scrivevo su la Repubblica ligure che nessuna soluzione sarebbe stata possibile senza prima decidere la sorte presente e futura del non-popolo palestinese, inesistente per l’Occidente o identificato, stupidamente, prima con Arafat e oggi con Hamas. A distanza di 23 anni, siamo fermi ancora lì. Specialisti di settore, militari e diplomatici, valutano singoli episodi come l’eccidio di Sderot e sputano sentenze senza mai domandarsi: «Perché accade quello che succede?».
Hamas («spirito di lotta/zelo») nasce nel 1987 come organizzazione politica e paramilitare islamica (sunnita) per la liberazione della Palestina, occupata illegalmente dai governi d’Israele: movimento politico-militare assistenziale. Poi giunse Netanyahu, alleato con gli estremisti religiosi fondamentalisti per eliminare non solo Hamas, ma il «problema palestinese», radendo al suolo la Striscia di Gaza che dal re Salomone (sec. X-IX a.C.) non ha mai fatto parte del regno d’Israele. Hamas ha sempre osteggiato la nascita dello Stato palestinese, esattamente come Netanyahu, perché si dovrebbero riconoscere l’un l’altro: Hamas riconoscere l’occupazione della Cisgiordania e Netanyahu abbandonare tutti gli insediamenti.
Dal 1948, da ben 75 anni, contravvenendo alle risoluzioni dell’Onu e al Diritto internazionale, i governi d’Israele hanno occupato la Cisgiordania. territorio del regno di Giordania e che l’Onu stesso ha dichiarato essere occupato illegalmente (risoluzione n. 446/1979 Consiglio di sicurezza Onu). L’art. 49 §6 della IV Convenzione di Ginevra, ratificata da Israele, stabilisce: «La potenza occupante non potrà procedere alla deportazione o al trasferimento di una parte della sua popolazione civile nel territorio da essa occupato». Anche la Corte Suprema Israeliana nel 2005 ha dichiarato che Cisgiordania e Gaza non sono parte del territorio nazionale israelita. Nonostante ciò, Netanyahu e i fondamentalisti religiosi ritengono che la Palestina sia la terra data a loro da Dio «per sempre»: la guerra diventa santa.
Amo Israele come cattolico perché provengo da lì: la mia fede, Gesù, gli Apostoli, le Scritture sono di origine ebraica: «Gesù è ebreo per sempre». Amo il non-popolo palestinese perché Gesù, gli Apostoli e le Scritture provengono da lì: «Gesù è palestinese per sempre». Equidistanza? È solo storia. Chi fa i gargarismi con la soluzione «Due Popoli due Stati» dimentica che nessuno li ha mai voluti e li vuole. L’Onu stabilì nel 1948, alla nascita dello Stato d’Israele, anche quella dello Stato palestinese. Chi lo ha voluto politicamente? Nessuno, né l’Occidente né tanto meno gli Stati arabi del Medio Oriente, che hanno sempre considerato i palestinesi un castigo di Dio per i loro affari petroliferi e un costo senza ritorno. Quando difendono i Palestinesi, in verità si schierano contro l’Occidente con cui non esitano a fare affari e intrallazzi.
Ben Gurion, presidente del neo-nascente Stato israeliano, disse che «Israele non chiedeva né occupava le terre dei Palestinesi, ma per sé voleva solo il deserto del Neghev che avrebbero fatto rifiorire, secondo le profezie bibliche». Ben Gurion fu un profeta che visse poverissimo fino alla morte (1973) nel kibbutz di Sheba, nel deserto del Neghev, per dare l’esempio, ma alla sua morte i falchi militaristi si servirono del fondamentalismo religioso, creando la miscela di morte per tutti. Essi volevano «tutta» la Palestina perché proprietà indivisibile del «popolo messianico d’Israele». L’Occidente non solo ha tollerato illegalità e soprusi, ma non ha mai mosso un dito in difesa, non di Hamas o dei gruppi terroristici, ma dei diritti dei palestinesi, carne da macello per tutti: per Hamas, per Israele, per gli Stati arabi. Israele detiene la chiave dell’acqua e dell’elettricità della terra di Gaza, cioè le chiavi della vita. L’occidente, schiacciato dalla colpa conscia e inconscia della Shoah, ha taciuto sempre, girandosi dall’altra parte e oggi si meraviglia che avvengano mattanze disumane come quelle del 7 ottobre che per Hamas è solo feroce vendetta contro i nemici, che i governi israeliani hanno alimentato nell’assenza colpevole dell’Occidente che tutto giustifica perché Israele è «l’unico Stato democratico del Medio Oriente», baluardo da difendere. Sicuro che Israele sia uno Stato democratico, quando organizza la propria politica sulla terra come dono di Dio?
Netanyahu ha governato dal 1996-1999 e dal 2009 a oggi ininterrottamente. Egli si è alleato con Hamas per impedire che l’Autorità palestinese di Abu Mazen trattasse con Israele (forse gli ha anche fornito armi). Nel 2006 Hamas vinse le elezioni legislative (44% di voti e 74 seggi su 132). La questione palestinese fu archiviata da tutti e due. Eppure, Hamas un tempo si dichiarò disponibile al riconoscimento dello Stato d’Israele se questi avesse accettato lo Stato palestinese, «entro i confini del 1967» e riconoscesse i diritti dei Palestinesi. Hamas non è nato terrorista, ma lo è diventato, con la complicità di Netanyahu e con la ignavia dell’occidente che, per propria comodità, lo ha sempre confuso con la Jihad musulmana che è una galassia sconfinata nell’intricato sistema religioso dell’Islam.
Ciò detto, concludo con due considerazioni: la soluzione «Due Popoli due Stati» oggi è impraticabile: dai 40 insediamenti delle origini (1967) si è passati, durante i governi di Netanyahu, a 630mila coloni di oggi, sparsi a macchia di leopardo in migliaia di insediamenti, armati e difesi dall’esercito. Con buona pace di Meloni e di chi come lei non conosce storia, geografia e ignominie occidentali. Solo se i coloni abbandonano gli insediamenti si può cominciare a parlare di Stato palestinese. Seconda: la lingua ebraica e la lingua araba sono sorelle perché discendono ambedue dalla lingua aramaica: ebrei e palestinesi hanno una origine comune, diversificata per storia e geografia. Tutti e due fanno riferimento a religioni «assolute», basate sul concetto della vendetta per «diritto naturale».
Inoltre, essi non hanno la nozione stessa di «perdono», la cui sola esistenza addolcirebbe e mitigherebbe (frenerebbe) anche gli atti di vendetta più efferati. Non avendo questo orizzonte e vivendo la vendetta come «diritto», l’«occhio per occhio, dente per dente, morte per morte» sono la reazione istintiva «naturale», ma a forza di «occhio per occhio» si diventa ciechi davvero e per sempre (Gandhi). Se non si riflette su questo non si capisce nulla di Israele e di Palestina. Non sto dalla parte di Hamas, frutto maturo di 75 anni di illegalità dei governi israeliani e dei religiosi fondamentalisti: ambedue sono «nemici» dei loro popoli. Ripropongo qui l’unica soluzione che feci nel 2000, perché la vendetta ferma il tempo e genera la guerra.
Sorgano due profeti, un ebreo e un palestinese con un unico programma politico: costruire una Scuola dell’Infanzia sul confine tra Israele e Palestina (o West Bank), con le porte aperte sui due confini a Palestinesi ed Ebrei, con insegnanti ebrei e palestinesi, con nonni palestinesi ed ebrei che accompagnano i piccoli nipotini. I bambini ebrei e quelli palestinesi sono concepiti con l’idea del nemico e della vendetta, come anche i giochi sono improntati all’odio del nemico. Vi sono eccezioni con famiglie palestinesi ed ebree amiche che collaborano, ma sono minoranze. Questi processi educativi e sentimenti non si possono cambiare con un decreto né con una legge. Occorrono generazioni, ma noi siamo pronti a scommettere che il sole sorgerà a illuminare il giorno degli Ebrei e dei Palestinesi, se una scuola, una sola per cominciare, sorgesse per la forza di due Profeti che sappiano vedere oltre i muri, le bombe, i razzi e gli aerei, oltre i tunnel e l’impossibilità. L’impossibile diventerebbe possibile e la Palestina/Israele avranno mille e mille anni di Pace/Shalom/Salam.