Decine di migliaia di lavoratori tessili del Bangladesh, impiegati in aziende che realizzano capi per i grandi marchi occidentali, sono scesi in sciopero per chiedere un aumento degli stipendi. La rivendicazione è di portare la retribuzione mensile da 70 a 190 euro. Le paghe sono ferme o quasi da anni ma con un’inflazione vicina al 10% il reale valore delle buste paga diminuisce rapidamente. Più di 300 fabbriche di abbigliamento sono state chiuse e 50 sono state saccheggiate o bruciate. Oggi si sono verificati i primi scontri tra gli scioperanti e le forze dell’ordine con lanci di gas lagrimogeni e l’utilizzo di pallottole di gomma. In azione a difesa degli impianti ci sono anche milizie paramilitari.
Nel paese asiatico sono presenti oltre 3mila fabbriche tessili che producono per marchi come Gap, H&M e Levi Strauss con esportazioni che raggiungono i 55 miliardi di dollari. La delocalizzazione in stati dove le retribuzioni sono nettamente inferiori a quelle occidentali e i diritti e le tutele dei lavoratori pressoché inesistenti permettono ai committenti di aumentare sensibilmente i loro profitti. Le mobilitazioni stanno interessando soprattutto distretti produttivi come Gazipur e Ashulia non lontani dalla capitale Dacca.